mercoledì 23 febbraio 2011

Rivoluzione in corso in quest’istante – 3

Libia - Una cronaca in diretta

Lunedì 21 febbraio

Ore 18.22 – Dopo che forse trecento persone sono morte ieri a Bengasi sotto il fuoco delle forze armate, altre sessanta forse stamattina a Tripoli, la BBC ha annunciato poco tempo fa che l’intera delegazione diplomatica libica alle Nazioni Unite, in assenza dell’ambasciatore che la dovrebbe guidare, ha dichiarato di non rappresentare più il governo di Gheddafi, ma il popolo libico insorto. Ha invitato le Nazioni Unite e la comunità internazionale a condannare Gheddafi e la sua sanguinosa repressione, ed ha chiesto addirittura all’ONU di dichiarare no fly zone i cieli libici e intervenire se non cesserà la violenza. Con questo direi che il destino di Gheddafi è segnato.

Ore 18.27 – Pare che in questo momento uno o più aerei militari stiano bersagliando i dimostranti a Tripoli.

Ore 18.31 – Adesso al Jazeera annuncia che circa un’ora fa il segretario dell’ONU Ban Ki Moon ha parlato personalmente con Gheddafi, esprimendo deep concern per la repressione e invitandolo a mettere fine alla violenza.
Titoli di Al Jazeera:
“Protesters in Libya have reportedly seized military bases and weapons”
“Witness: military planes are attacking protesters in Libyan capital Tripoli
“Reports: live ammunition being fired on protesters marching in capital Tripoli
“Reuters: British foreign minister Hague says Gheddafi may have left the country”

Ore 18.44 – Adesso Al Jazeera annuncia che circa due ore fa due Mirage libici sono atterrati senza autorizzazione a Malta per consegnarsi alle autorità dell’isola dichiarando di aver disertato dall’aviazione libica dopo aver ricevuto l’ordine di bombardare la folla a Bengasi e aver visto i loro commilitoni eseguire l’ordine passando a volo radente sulla città.

21.06 – Non arrivano più notizie chiare dalla Libia. A differenza di Mubarak, Gheddafi è quasi riuscito a tagliare le comunicazioni con l’estero. Parole pesantissime di tanti espatriati contro il regime. Solo Frattini ha manifestato la sua tremenda preoccupazione per l’emergere a Bengasi di certi minacciosi “emirati islamici”, di cui, per ora, solo lui ha sentito parlare. Berlusconi, dal canto suo, ha aspettato tutto il giorno prima di osservare che sarebbe meglio evitare la guerra civile. Non ha chiamato Gheddafi “per non disturbarlo”. Battuta di grande successo, che sta facendo il giro del mondo. Qualche tempo fa è giunta notizia di movimenti di forze aeree italiane verso il sud.

23.45 – Al Arabiya ha appena annunciato che fra poco Gheddafi apparirà in televisione.

23.59 – Sembra che circa 250 dimostranti siano morti solo nella giornata di oggi, lunedì 21 febbraio.

22 febbraio

Ore 17.23 – Dopo la breve apparizione di ieri notte, Gheddafi sta parlando in questo momento alla TV di stato, minacciando furiosamente gli insorti. Molto peggio di Mubarak. Forse non farà la fine di Mubarak. Forse quella di Hitler. Forse quella di Mussolini.

17.44 – Gheddafi sta ancora parlando. Molto diverso dall’ingessato Mubarak dell’11 febbraio. Levando l’indice, ha letto con voce minacciosa dal famoso libro verde diversi articoli di codice penale, con pena di morte per chi provoca la guerra civile, minaccia l’unità dello stato, ecc. ecc. Fra varie specie di farneticazioni, sta dicendo cose che sono vere, per esempio che Eltsin cannoneggiò il parlamento e nessuno s’indignò. Ha ricordato il massacro di Wako. Non è stato vago. Ha detto che i cinesi fecero bene a massacrare i manifestanti a Tien An Men, perché la Cina adesso è unita e forte. Sta incitando a scendere nelle strade e disarmare i ribelli. Chi lo ascolterà?

17.50 – Adesso sta parlando da circa un’ora. Non si sa, dice Al Jazeera, se è in diretta o registrato. E’ passato al registro patetico, parlando di eroi delle sue battaglie, della asabbiya del popolo libico. “We know each other” ha ripetuto molte volte, chiedendo: “Di che tribù sei? Shabarga? Al Zintan?”
La Libia è in pericolo. La sua unità è in pericolo.” Parla con lunghe pause. Ricorda Craxi. Purtroppo traduzione affaticatissima e audio originale troppo alto: di quello che dice, arriva poco.

18.07 – In questo momento Gheddafi ha finito di parlare, dopo che Al Jazeera aveva staccato l’audio e dato avvio al commento.

18.10 – Commentatori di Al Jazeera: “He’s out of touch with the world. This is the last time he talks to the Lybians. He’s in a bunker. He thinks he still has power, that what he says, people will listen. But it’s years that when Gheddafi speaks, nobody listens. So how should they listen now? It’s a last battle for him. He will kill a lot of people.”

18.25 – Obama tace rigorosamente, ma si annuncia che fra due ore parlerà Hillary Clinton. Gheddafi ha apertamente accusato gli americani di istigare la rivolta. Ha detto: “Volete essere invasi dagli americani?” Allo stesso tempo, ha accusato gli islamisti: “Volete essere guidati da gente con la barba?”

18.46 – Fra poco si terrà una riunione a porte chiuse del Consiglio di Sicurezza. I pozzi marittimi italiani in Libia hanno fermato le operazioni. L’Unione Europea ha sospeso i negoziati che erano in corso sulla cooperazione con la Libia.

18.58 – La televisione di stato libica sta mostrando immagini di una piazza gremita di manifestanti pro-Gheddafi. Al Jazeera le trasmette, ma non le sta commentando.

20.13 – La copertura del TG1 fa pensare che Berlusconi si sia deciso anche lui a mollare Gheddafi. Frattini che ieri si lanciava al salvataggio agitando lo spettro dei suoi “emirati islamici”, oggi si limita a ribadire che c’è da evitare la guerra civile. Poi si preoccupa dei profughi in arrivo. Schifani invece è deciso nel condannare il fuoco sui manifestanti, spiegando che per fortuna in Europa queste cose non succedono, non senza cogliere l’occasione per osservare, excusatio non petita, che il governo italiano è un’altra cosa.

20.50 – In questo momento il TG2 comunica che una “nota di Palazzo Chigi” informa che Berlusconi ha avuto oggi un colloquio con Gheddafi. Sintomaticamente, la nota non ci fa sapere che cosa diavolo gli abbia detto.

21.02 – Da Al Jazeera veniamo però a sapere che Gheddafi gli ha detto “that everything inside his country is fine”. Che cosa abbia risposto l’amato cavaliere non ci è dato sapere.

21.15 – Clinton si è limitata a condannare la violenza contro i manifestanti. E’ chiaro che gli Stati Uniti, che naturalmente hanno molto meno peso in Libia che in Egitto, non possono permettersi di fare passi più energici in pubblico. Chissà cosa stanno facendo sottobanco. Ma è altrettanto chiaro che, semmai, è il Consiglio di Sicurezza, che è ancora riunito a porte chiuse, a dover prendere l’iniziativa. Molto più decisa la Gran Bretagna, che manda fra l’altro una nave da guerra verso la costa libica, con la scusa di evacuare i suoi cittadini.

21.32 – Al Jazeera dedica molto più spazio alle reazioni in Italia di quanto ne abbiano dato i nostri TG, sottolineando la portata degli interessi italiani nel paese e stigmatizzando il comportamento oscillante del governo.

21.47 – Arriva notizia che il ministro degli Interni libico si è dissocciato da Gheddafi invitando tutte le forze armate a sostenere gl’insorti.

22.08 – E’ difficilissimo in questo momento avere notizie di cosa sta succedendo adesso nel paese. Un espatriato libico negli Stati Uniti dice a France24 di aver saputo per telefono che adesso nell’est tutto è calmo, gl’insorti hanno preso il controllo, stanno ripulendo le strade e portando le armi pesanti alle caserme, mentre nell’ovest, a Tripoli, oggi tutto è stato più tranquillo di ieri, ma è sicuro che qualcosa è in arrivo molto presto.
Anche France 24 dà molta attenzione all’Italia, e fa sapere che è ancora in corso una riunione d’emergenza a Palazzo Chigi, con Frattini e quant’altri. Dice che, nella famosa telefonata, l’unica di un leader occidentale, Berlusconi ha pregato Gheddafi di mettere fine alla violenza e lui ha risposto che è tutto sotto controllo. Se l'Italia avesse un governo normale, avrebbe ben altro peso in questa situazione.

23 febbraio

Ore 9.24 – In mezzo alla confusione di notizie contrastanti, l’impressione che si ricava è che la giornata di ieri sia stata meno sanguinosa delle precedenti, che le voci che parlano di mille morti siano infondate e che il totale delle vittime sia rimasto intorno a trecento, forse cinquecento al massimo. Non poche, certo, ma c’era da temere di peggio. Pochi minuti fa una telefonata in diretta da Bengasi ad Al Jazeera confermava che c’è calma in quella città, dove il governo ha perso il controllo e si stanno formando comitati degli insorti per amministrare l’emergenza. A Tripoli invece si direbbe che un certo numero di sostenitori di Gheddafi abbia risposto ieri sera al suo appello a scendere in strada e che le sue minacce abbiano messo una certa paura ai suoi avversari: ma non arrivano notizie chiare su cosa stia succedendo oggi per le strade.
Ieri sera, il comunicato dell’ONU al termine del Consiglio di Sicurezza si è limitato a condannare il ricorso alla forza contro i manifestanti.

10.16 – E’ difficile prevedere, a questo punto, come e quando si concluderà questo conflitto. E’ chiaro che tutto dipende dallo scontro che è in corso all’interno delle forze armate e dei vertici politici. Ma, a differenza che in Egitto, sembra improbabile che Gheddafi esca vivo da una sua eventuale sconfitta. C’è un lunatico al comando che disperatamente sta lottando non solo per il potere, ma per la vita.

4 commenti:

  1. Ricevo da Peppe Sini:
    E' ovvio che nessuno puo' prevedere gli esiti di queste lotte: per quelli di noi non piu' giovani il ricordo va immediatamente alla rivoluzione algerina, alla Primavera e all'autunno di Praga, alla strage in piazza delle Tre culture a Citta' del Messico come molti anni dopo in piazza Tien An Men a Pechino, alla caduta dello Scia', al 1989, alla guerra di secessione jugoslava. E sappiamo quindi che nulla e' univoco, nulla e' certo, nulla e' scontato. Puo' vincere la repressione piu' brutale. Ed anche dove la lotta popolare abbatte longeve dittature possono vincere con abile trasformismo le medesime nomeklature corrotte e sanguinarie, ovvero le mafie, il militarismo, o nuovi regimi altrettanto o addirittura vieppiu' corrotti e criminali, sostenuti da fanatismi in se stessi totalitari, o proni a poteri ideologici ed economici che non esitano neppure dinanzi al genocidio. Nulla e' univoco, nulla e' certo, nulla e' scontato. Ma gia' aver vinto la paura e la rassegnazione, gia' l'affrontare a mani nude e a viso aperto regimi armati sino ai denti, gia' questo e' un levarsi dell'umanita' di contro all'inumano.
    E pur senza ingenuita' ed illusioni, pur con tutta l'attenzione al contesto e alle dinamiche, alle forze in campo ed ai condizionamenti esterni, e fermo restando il bisogno e il dovere di un'analisi concreta della situazione concreta, tuttavia commuove e persuade questo rimettersi in marcia dei popoli, questo collettivo scendere per le strade a sfidare il potere che opprime, questo mobilitarsi di popoli interi che dai tempi della decolonizzazione non si vedeva svilupparsi in forme cosi' massive, cosi' partecipate, cosi' condivise.
    E questa lotta a mani nude per il pane e la giustizia, per la dignita' e i diritti di tutte e tutti, e' gia' in nuce la nonviolenza in cammino.
    Che possa sconfiggere le tendenze naziste che agiscono nel mondo attuale

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  2. Più che un commento questa mattina vorrei lasciare una semplice testimonianza, apertamente autoreferenziale, autobiografica e sentimentale, perché assistere alla catena delle rivolte nordafricane mi provoca uno stupore profondo, assolutamente inatteso e positivo; perché, come scriveva Odysseas Elitis, spesso, quando parlo del sole/mi s'impiglia fra le labbra/un'enorme rosa vermiglia/ma non riesco a tacere. Troppo bello per essere vero, direi, e troppo sanguinoso per essere falso. Da sedici anni vivo in un rapporto quotidiano con il mondo islamico, prima da studente poi da studioso. Sta succedendo, proprio quando meno l'aspettavo, quello che tanti anni fa mi sembrava dovesse succedere il giorno dopo. Erano gli anni dell'Algeria, dell'incertezza post-sovietica in Afghanistan, poi, sul finire, della seconda intifada; tutto appariva magmatico, ma la parola rivoluzione si poteva ancora usare senza troppe paure. Poi venne Bush, il 2001, la fase matura e terribile del berlusconismo-leghismo nel nostro paese, l'orrenda, turpe, agghiacciante invasione dell'Iraq, la mitologia da crociata medievale su al-Qa'ida/Spectra e il feroce Saladino, il quotidiano stupro reale e ideale della metà orientale della civiltà occidentale, cioè l'Islam, con rabbie e orgogli meschini e bugiardi. Insomma l'umiliazione e la violenza più assoluta anche per chi, come me, quel mondo l'amava (e l'ama) come un figlio adottivo, e in Siria, in Egitto, in Iran, in Libano, in Pakistan ci andava per studiare e per vivere - non per esotismo, ma perché proprio laggiù, con tante declinazioni, riusciva a ritrovare e costruire un percorso vero, umano, a seguire delle tracce che partivano dal Mediterraneo e ci ritornavano. Dieci anni terribili e orribili, con la sensazione sempre più netta - e mi sbagliavo, pare, per fortuna - di essere destinato a perdere sempre e comunque e, peggio, qualche volta con lo smarrimento di chi si chiede se non abbia sbagliato tutto, se non abbia capito male fin dall'inizio. Ingenui entusiasmi? Sì, lo ammetto volentieri e con un sorriso fiero. Oggi non voglio analisi scettiche o richiami al realismo (mi si spieghi del resto, di grazia, che significa in questo contesto). Oggi voglio pensare che il mondo arabo e musulmano sia sulle tracce della sua rabbia e del suo orgoglio, quelli veri. Un po' li ho ritrovati anch'io, ma questo conta pochissimo. Conta molto, invece, il fuoco che ho visto ieri a lezione negli occhi dei miei studenti, la loro curiosità, le loro domande e le loro opinioni. La loro volontà di capire e impegnarsi. Alcune di loro - e non tra le meno brillanti - portavano un velo in testa e parlavano con marcato accento trevigiano o veronese. HLVS.
    Stefano

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  3. Il commento che precede è di Stefano Pellò, giovane e brillantissimo iranista docente a Ca' Foscari, che parla e legge correntemente persiano, arabo, urdu e diverse altre lingue orientali. Uno dei pochi occidentali di mia conoscenza che siano in grado di decifrare il mondo musulmano. Lo ringrazio per questa testimonianza, sperando che serva soprattutto come invito a cercare di capire quell'universo misconosciuto e offeso da cui oggi si leva questo grido.

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  4. Inutile rilasciare un commento adesso nel 2013? Sì, forse... ma non mi trattengo.
    mi domando dove sia stato l'entusiasmo orientalista durante tutto questo tempo. Forse aspettava rintanato in qualche sfigato dipartimento universitario di essere chiamato dal governo provvisorio per la ricostruzione culturale del paese. Peccata sia arrivata prima la UE per la fornitura di nuovi armamenti (giusto per creare un pò di occupazione in questo periodo di crisi) e poi...? Beh, lasciamo pure il campo all'imprenditoria senza scrupoli, ai mercenari e ai politici corrotti, tanto a farne le spese sono sempre e solo coloro che hanno avuto il coraggio di ribellarsi e che si ribellano tutt'ora. Come io mi ribello ora al tiepido ideologismo dei vostri commenti. Credo che il "mondo musulmano," figlio adottivo dell'orientalismo occidentale, meriti di più dell'egocentrica testimonianza di un docente universitario.

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