Una cronaca in diretta degli eventi in Egitto, la notte del 10 febbraio
Ore 21.10 - Al Jazeera sta mandando un titolo cubitale che dice THE REVOLUTION, mentre si aspetta di secondo in secondo il discorso, previsto per le nove, con cui Mubarak dovrebbe annunciare in televisione le sue dimissioni. Piazza Tahrir è scoppiata in un boato, poco tempo fa, quando è arrivata la notizia di questa prossima apparizione. Cosa dirà Mubarak, ancora non si sa.
Ma quasi non importa. In un modo o nell’altro, si leverà di mezzo. Con questo si compie questa rivoluzione? C’è da dubitarne. Quello che conta è cosa verrà dopo. Temo che ancora sia presto per vedere se tutto si risolverà in un “cambio di facce”, come prevedeva Mumtaz Hussein su questo blog, o se si va verso un vero cambiamento.
Ore 21.25 – Da giorni, le immagini in diretta da piazza Tahrir mostravano una piazza affollata, ma spesso con larghe chiazze vuote. Adesso l’immenso slargo è tutto fittamente popolato di gente rumoreggiante. “It’s the biggest crowd yet” dice un intervistato di al-Jazeera. L’inviato nella piazza è schiacciato al telefono in mezzo alla folla: a chi gli chiede se non ci sia timore che arrivi solo un cambiamento di facciata, risponde che la piazza è piena di gente che si sta giocando il tutto per tutto e non intende accettare nulla di meno che la fine del regime.
Ore 21.35 – Sono passati trentacinque minuti e il discorso di Mubarak non arriva.
Titoli di Al Jazeera:
- I militari egiziani annunciano che sono intervenuti “a salvaguardia del paese”
- Parlando degli eventi in Egitto, Obama dice: “Stiamo assistendo alla storia che si dipana”
- Obama dice che gli Stati Uniti sosterrano un’autentica transizione in Egitto.
Ore 21.45 – Grande sventolare di bandiere bianche in mezzo alla folla, ma del discorso di Mubarak, nessun segno. Pare che su Twitter stiano circolando ogni sorta di battute sul perché del ritardo.
h. 21.49 - Mubarak sta cominciando a parlare.
Ore 22.20 – Incredibile! Incredibile dimostrazione d’idiozia di Hosni Mubarak. Annuncia che non si dimette. La folla in piazza Tahrir è esplosa in manifestazioni di furia, mentre ancora stava parlando, molti hanno brandito una scarpa agitandola all’indirizzo del rais. Ad Alessandria, una folla di migliaia di persone ha appena lasciato la piazza dove aveva ascoltato il discorso e in mezzo a un fragore di urla esasperate, si è diretta, pare, verso una base militare. La piazza è vuota e la folla è in cammino compatta per un larghissimo viale. Che si vada allo spargimento di sangue?
23.25 – La folla di piazza Tahrir, invece, non si è trasformata in un’orda urlante diretta ad assalire questo o quell’edificio del potere, ma è ancora lì, emozionata ma non più cosi agitata. Poco tempo fa, il vicepresidente Suleiman è comparso in televisione e sul maxischermo in piazza, per invitare tutti ad unirsi per il futuro dell’Egitto e la folla a tornarsene a casa e a non ascoltare al Jazeera. Non è stato apprezzato. Nessuno, a quanto pare, accenna ad andarsene.
23.35 – Un signor Malawi, “pro-democracy activist”, ha appena finito di parlare ai microfoni di Al Jazeera, dichiarando che la decisione di Mubarak ha talmente infiammato gli animi che in questo momento nessuno può sapere cosa succederà. Dice che corre voce di ritrovarsi domattina a piazza Tahrir per marciare sul palazzo presidenziale, ma nessuno può sapere se così sarà. E aggiunge: “C’è chi sta proponendo di marciare sul palazzo presidenziale proprio adesso, mentre vi sto parlando”. Non arrivano notizie da Alessandria.
24.00 – L’ambasciatore egiziano a Washington ha dichiarato che Mubarak non ha più il potere. E’ evidente che c’è stato oggi un conflitto al vertice che si direbbe ancora non risolto. I vertici militari si erano riuniti nel pomeriggio con Suleiman in assenza di Mubarak, e da qui era nata l’attesa per il suo abbandono. Un alto ufficiale si era rivolto direttamente alla piazza annunciando: avrete una bella notizia stasera, tutte le vostre richieste saranno accolte. Non è chiaro se la posizione presa da Mubarak sia stata il frutto di quel consulto o, al contrario, una reazione contro di esso.
24.20 –Mubarak ha dimostrato davvero un’inverosimile ottusità: se c’era una cosa da fare per sperare di spegnere questo incendio e salvare il regime era accettare quell’unica richiesta che unisce tutti gli insorti, le sue dimissioni. Ma bastava che se ne andasse a Sharm el-Sheikh, come era corsa voce che stesse per fare, per seminare almeno l’incertezza. Invece, con questa mossa spericolata, con questo discorso tremendamente arrogante, è riuscito a infiammare gli animi, a unire ancor di più tutti i suoi oppositori, a inimicarsi definitivamente gli Stati Uniti, e a sigillare il suo destino. Nessuno è profeta, ma se restasse in sella sarebbe davvero un prodigio.
Adesso la folla in piazza Tahrir si sta cominciando a diradare, anche se continuano i cori e gli sventolii di bandiere. In Egitto è passata l’una di notte. Forse per oggi, almeno al Cairo, lo spargimento di sangue è scongiurato. Da Alessandria, nessuna nuova.
11 febbraio
Ore 1.56 - Adesso c’è Fawaz Gerges della London School of Economics, che sta dicendo da Londra, sempre su Al Jazeera, che la decisione di Mubarak e il successivo intervento di Suleiman rischiano di scatenare uno scontro aperto. Hanno fatto inferocire la piazza e ora sarà difficile placarla. Tutto si deciderà, dice, nelle prossime quarantotto ore. Domani è venerdì, già previsto come giornata di protesta. Se domani la folla marcerà sul palazzo presidenziale o sul parlamento o sulla televisione, allora i militari, che finora si sono barcamenati, dovranno prendere una decisione. L’esercito e la folla si troveranno faccia a faccia ed è lì che si vedrà cosa ci aspetta.
Subito dopo si apprende via Twitter che c’è già un’adunata di gente davanti alla televisione di stato, i militari non la stanno ostacolando, e i manifestanti si preparano a passare la notte sul posto. La notizia non risulta verificabile.
Si direbbe che col suo "tutti a casa", anche Suleiman si sia giocato il suo futuro.
2.09 - Patty Culhane da Washington sta annunciando che è appena uscito un comunicato della Casa Bianca che, con formulazioni un po’ tortuose, fa capire che questo passo non basta e che occorre un rapido e preciso processo di fuoruscita dal regime. Il sostegno di Obama alla rivolta è ormai diventato palese.
2.20 - Adesso in Egitto sono passate le tre di notte e piazza Tahrir è ancora piena di gente che inneggia, salta, urla e agita pugni per aria. Un inviato viene inquadrato sulla piazza con un dimostrante che dice concitato: “Tutti sono molto molto arrabbiati e vogliamo solo che se ne vada, sennò lo andiamo a stanare noi dal palazzo presidenziale domani”.
Ore 2.45 – Su SkyNews in inglese compare un intervistato da Washington che la sa lunga sulle segrete stanze. Dice che Obama non può dichiarare apertamente che vuole l’uscita di Mubarak. Ma assicura che nei contatti telefonici, particolarmente da militari a militari, che hanno rapporti molto stretti, la posizione del governo americano è stata espressa oggi senza mezzi termini. In America si parla dell’errore di intelligence commesso dalla CIA, che a un certo punto si è convinta che Mubarak si stesse per dimettere. A questo punto appare chiaro cosa è successo. Gli Stati Uniti, per vie coperte, hanno pregato Mubarak di andarsene: e lui si è rifiutato. “Non cederò alla volontà di potenze straniere”, ha detto nel suo inverosimile discorso. La mossa è audace, difficilmente destinata al successo.
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