"Tutte le azioni relative al diritto di altri uomini, la cui massima non è suscettibile di pubblicità, sono ingiuste."
Immanuel Kant, Per la pace perpetua, 1795.
Forse mi è sfuggito qualcosa, ma non mi sono accorto che qualcuno degli strenui difensori dei diritti umani in Iran, o degli inflessibili avversari della pena di morte, abbia manifestato indignazione per la duplice esecuzione senza processo avvenuta a Teheran lunedì 29 novembre.
Il professor Majid Shahriari è stato ucciso da una bomba mentre si recava al lavoro. Il suo collega Fareydoun Abbassi Davani è sopravvissuto in gravissime condizioni ad un altro attentato, condotto quasi simultaneamente con le stesse modalità. Entrambi erano scienziati del programma nucleare persiano.
E' difficile attribuire la responsabilità al bieco Ahmadinejad, che naturalmente si è affrettato ad accusare "i governi occidentali e il regime sionista". Un uomo come Yossi Melman, analista di intelligence israeliano che scrive per Haaretz, ha osservato che "la maggior parte degli esperti che seguono la politica mediorientale e la storia del Mossad sarebbero d'accordo" con lui su questo punto.
Melman, che ha più volte pubblicamente consigliato al suo governo di bombardare i siti nucleari persiani, è appunto uno dei massimi esperti di storia del Mossad. E' difficile astenersi dal concludere che non abbiamo a che fare con un omicidio qualunque, ma con una condanna a morte deliberata senza processo da qualche governo democratico.
I diritti umani sono un'idea alta e nobile. A ricordarsene solo quando si tratta di accusare governi invisi agli americani, l'ideale si squalifica, diventa uno strumento di potere basso e ignobile, e la pretesa di farne il fondamento di una giurisdizione universale assume il sinistro aspetto di un inganno indifendibile.
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