Quando parla ad un convegno uno scienziato, i suoi colleghi si chiedono se quello che dice è vero, quando parla un politico, i suoi colleghi non si chiedono se è vero, ma perché lo sta dicendo” Leo Szilard
Mentre i leaks di Wikileaks imperversano sulle prime pagine e mentre i potenti dei mercati finanziari tessono trame capaci di travolgere più di un bel paese, noi siamo qui col fiato sospeso a cercare di capire se davvero l’Italia stia vivendo gli ultimi giorni del (tentato) regime, o soltanto un incidente di percorso. Che cosa succederà il 14 dicembre? E soprattutto, cosa succederà dopo?
Poiché l’unico responsabile dell’imprevedibile congiuntura storica che stiamo vivendo è Gianfranco Fini, si tratterebbe di capire quale sia davvero il suo disegno e quali speranze abbia di vederlo realizzato.
Quando, quasi due anni fa, Fini iniziò la sua marcia di allontanamento da Silvio Berlusconi, in molti sospettammo per diversi mesi un semplice gioco delle parti, uno dei tanti inganni che si usa somministrarci. Sono infatti convinto che Fini, a differenza di Bossi, avesse fin dall’inizio condiviso, e forse in certa misura ispirato, il disegno neo-autoritario di concentrazione del potere che era ed è l’anima del berlusconismo.
Ma quando è diventato chiaro che il presidente della camera era entrato in rotta di collisione col capo del governo e che palesemente intendeva rimuoverlo dall’esercizio del potere, allora si è posto un nuovo problema: Fini rimane un uomo profondamente di destra come era? Continua a coltivare i vecchi propositi di neoautoritarismo strisciante, e si è solo convinto che Berlusconi non è più l’uomo adatto a realizzarli? Il suo proposito è semplicemente di sostituire se stesso a Berlusconi? Oppure non si sarà davvero convertito ad una concezione più normale di democrazia, decidendo di liberare l’Italia dalla calamità di cui si era reso complice?
Ma quando è diventato chiaro che il presidente della camera era entrato in rotta di collisione col capo del governo e che palesemente intendeva rimuoverlo dall’esercizio del potere, allora si è posto un nuovo problema: Fini rimane un uomo profondamente di destra come era? Continua a coltivare i vecchi propositi di neoautoritarismo strisciante, e si è solo convinto che Berlusconi non è più l’uomo adatto a realizzarli? Il suo proposito è semplicemente di sostituire se stesso a Berlusconi? Oppure non si sarà davvero convertito ad una concezione più normale di democrazia, decidendo di liberare l’Italia dalla calamità di cui si era reso complice?
Pur essendo sempre stato lontanissimo dalla sua collocazione politica, io ho sempre ritenuto Fini una persona particolarmente intelligente. Furba quanto basta a tener testa ai peggiori furbastri dell’establishment romano, ma animata da una sua visione politica, cioè da una sua concezione dell’interesse generale, assai diversa dalla mia, ma non asservita alla semplice volontà di occupare il potere.
Oggi come oggi, soltanto chi conosce l’uomo davvero intimamente può pretendere di decifrare il suo pensiero. Ma, ai miei occhi, tutto lascia pensare che Fini abbia davvero cambiato la sua concezione dell’interesse generale, che abbia davvero mutato orientamento politico. Può darsi che questo abbia a che fare con il suo legame con Elisabetta Tulliani, una signora di estrazione radicale che non sembra entusiasta del berlusconismo. Un grande esperto di pettegolezzo politico romano come Vittorio Sgarbi, ha portato Fini qualche giorno fa come esempio di uomo che si lascia dominare dalle donne… Ma questo, naturalmente, è secondario.
Quello che conta è che Fini, oggi come oggi, vuole davvero eliminare Berlusconi, e forse per ragioni non ignobili. Quello che non è chiaro è con quali mezzi.
Poiché l’uomo è molto accorto e sapiente, dobbiamo supporre che abbia fatto i suoi conti prima di passare il guado come ha fatto. Dobbiamo supporre che si senta certo, in barba ai gargarismi dei radicali, alle campagne acquisti a suon di cariche e incarichi, ai mal di pancia dei moderati, che la sfiducia passerà alla camera. “Ho un solo colpo in canna”, ha detto, “non posso sbagliare”. Ma il senato? Allo stato attuale delle cose, appare altamente improbabile che anche lì il governo possa cadere in minoranza. Se davvero si arriverà al voto di sfiducia, quello che appare oggi più verosimile è un parlamento a maggioranze opposte.
Se qualcuno non si sposta dal suo schieramento, l’esito naturale di un simile evento sarebbe lo scioglimento delle camere. Ma Fini ha messo in chiaro che farà di tutto per non andare alle urne con questa legge elettorale. E ha chiarito molto bene il perché: perché la minoranza di Berlusconi nei voti (vedi i precedenti post in materia su questo blog) diventerebbe maggioranza assoluta di seggi. Dunque, dal suo punto di vista, l’unica via d’uscita possibile è un governo transitorio che rifaccia la legge elettorale. Ma per fare un governo transitorio bisogna che qualcuno si sposti di schieramento, o almeno che gli schieramenti si rimescolino…
Fini ha lasciato intendere più volte di avere ragioni non a tutti conosciute per ritenere che una soluzione si troverà. Di quale soluzione si tratti, è divenuto meno chiaro dopo che Casini, qualche giorno fa è sembrato escludere una coalizione allargata, proclamando che “Di Pietro, Vendola e Casini sono in-con-ci-lia-bi-li, se vogliamo fare una proposta di governo seria”. Con questo, la prospettiva di più sicuro successo, quella di unire in un sol fronte tutti gli avversari di Berlusconi è sembrata svanire.
Ma io credo che si debba mettere in conto che l’intenzione di Fini nell’avviare questa avventura non sia stata quella di aggiungere un terzo polo ai due esistenti. E’ assai più probabile che miri a sostituire il polo di destra, attraendo i voti di Berlusconi. Cosa che è possibile, ma solo ad una condizione: eliminare definitivamente la sua leadership.
Ciò che servirebbe dunque a Fini è una maggioranza nei due rami dell’attuale parlamento che sia disposta ad andare fino in fondo su questa strada. Dunque, non un governo che possa star bene a Berlusconi. Non un governo di Gianni Letta. Non un pateracchio dagli incerti propositi.
Se a una soluzione di questo tipo si dovesse arrivare, io credo che sarebbe uno scacco per la strategia di Fini. Ma tutto si gioca sulla legge elettorale: giacché la strategia di Fini, allo stato attuale delle cose, sembra puntare grosso su una revisione del sistema elettorale che impedisca la vittoria di Berlusconi e metta il terzo polo in condizione di dettare legge agli altri due. Proprio quello che gli innamorati del bipolarismo hanno sempre vituperato. Se questo accadesse, allora Fini e Casini sarebbero in grado di scegliere in che modo liberarsi di Berlusconi.
Ma se questo non dovesse accadere? Se si andasse alle elezioni con questa legge elettorale? Non è affatto detto che questo sarebbe letale per Fini. Anzi, potrebbe sfociare nell’esito forse più auspicabile.
Basterebbe che Casini e i suoi simili si rendessero conto che qui non si tratta di fare una “proposta di governo”, ma qualcosa di più “serio” e più decisivo: costruire un’alleanza dotata di un solo obiettivo centrale, aperto, deciso e alto, quello di liberare il paese dalla cappa di piombo del berlusconismo. Naturalmente, come tutti auspicano, mantenendo la solidità istituzionale indispensabile per tenere a bada le volpi dei mercati finanziari.
Si tratterebbe, né più e né meno, di tentare di avvicinarsi alla limpidezza e nobiltà di propositi che caratterizzò i migliori pensieri dei nostri padri costituenti. I quali, come ricordava Francesco Apergi in un commento a questo blog, misero da parte differenze politiche ben più profonde di quelle che separano Casini da Vendola per dare vita a un nuovo patto democratico. Il compito, in questo caso, sarebbe meno arduo di allora. Volenti o nolenti, siamo in piedi sulle spalle di giganti.
Ricevo da Mario Gulli:
RispondiEliminaCondivido in pieno tutte le tue analisi, considerazioni, auspici; discutendo con Umberto eravamo più o meno arrivati alle tue stesse conclusioni. L'unico mio interrogativo è: che tipo di conseguenze avrebbe l'esclusione della Lega dall'alleanza pro-nuova legge elettorale? Scontro secco e senza mediazioni? Verrebbe facile presentarlo come attacco al Nord. Fini ha timore di questo, o no? E' un possibile esito di cui tiene conto nella sua strategia? Perchè non si verifichi, è pensabile che Fini proponga - e in quale costellazione? governo Tremonti con garanzie pro-Lega? - un nuovo governo di destra senza Berlusconi? Temo che sia proprio questa la forza della minaccia di nuove elezioni da parte di Berlusconi, la saldezza dell'alleanza con Bossi e l'impossibilità per Fini o chiunque di avere un Nord con ancor più voti alla Lega e 'soltanto' schiacciato nell'angolo. Oscuro mi rimane soprattutto cosa ha in testa Bossi, cosa possa valutare più vantaggioso alla sua posizione. Se Bossi si allontana, Berlusconi è finito. Ma come fargli credere che gli conviene, o comunque cosa promettergli perchè si allontani? O non si allontanerà, appunto perchè sa che non ha bisogno di cedere a nessuna offerta?