domenica 3 marzo 2013

Il sovrapapa. Ovvero: perché si è dimesso Joseph Ratzinger.

Un atto d’amore, hanno detto. Un grande gesto di coraggio e di umiltà. Una straordinaria manifestazione di consapevolezza e di forza da parte di un uomo che, cosciente della sua debolezza, mette il bene della Chiesa al di sopra di ogni ambizione e di ogni interesse personale.
Gli elogi si sono sprecati davanti ad un atto inaudito e inatteso che impone comunque rispetto. Si sono sprecati i paragoni con i tanti uomini di potere aggrappati con le unghie e coi denti alle loro poltrone.
“Non era felice di fare il Papa, diversamente dal suo predecessore”, ha scritto Claudio Magris, che ha parlato di “un gesto rivoluzionario”. Aggiungendo che “prendere atto, apertamente, di una propria debolezza e inadeguatezza è una delle più alte prove di libertà e di intelligenza”.
Eppure. Eppure: non è forse lecito immaginare che ci sia dell’intelligenza in questa scelta che va al di là di quel che dice Magris?
Tante illazioni si possono fare, certo. E tante ne sono state fatte. C’è chi ha parlato di qualche oscuro ricatto, forse riguardante la finanza vaticana, forse la pedofilia, forse, addirittura, il triste destino di Emanuela Orlandi. C’è chi ha suggerito che sia stato “fatto fuori”, chi ha pensato che se ne sia andato per azzerare gli intrighi vaticani e “lasciare la palla al suo successore”, c’è chi ha insinuato che si sia dovuto “arrendere davanti al muro” che protegge le segrete cose del Vaticano.
In effetti, la debolezza e lo stato di salute non sembrano poi così gravi, in paragone allo stato di Woytila. Un uomo come Ratzinger non avrebbe certo abbandonato la guida della chiesa anche in condizioni di salute ben peggiori, se lo avesse ritenuto necessario. Ci dev’essere un’altra ragione.
Quello che è strano è che nessuno abbia pensato alla ragione più logica e più semplice per un gesto così originale.
Che ci fosse una battaglia in Vaticano è sotto gli occhi di tutti: lo stesso Ratzinger vi ha fatto esplicita allusione in uno dei suoi ultimi discorsi. Anche se ben pochi hanno capito chiaramente quali siano i fronti in campo e la posta del contendere, è chiaro a tutti che un conflitto c’è.
Così come dovrebbe essere chiaro a tutti quello che disse a caldo, il giorno stesso di quel grande annunzio, un perspicace cronista della Bbc: pur senza metter piede nel conclave, Ratzinger avrà una grande influenza sulla scelta del suo successore. Chi potrebbe negarlo? Dei 117 cardinali elettori, ne ha fatti lui stesso 67. E certo non sono pochi, fra gli altri cinquanta, quelli sensibili al suo parere. E quest’influenza si è già ampiamente manifestata. Per esempio quando ha reso chiaro agli occhi di tutti il suo sostegno al cardinal Bertone. O per esempio quando, giovedì scorso, ha fatto sapere che il nuovo papa sarà scelto fra i cardinali elettori, cosa niente affatto scontata: né in linea di diritto, né in linea di fatto, in un momento in cui non vestono la porpora cardinalizia personaggi come il patriarca di Venezia (Francesco Moraglia), o il prefetto dell’ex-Sant’Uffizio (Gerhard Mueller), che ha la carica rivestita da Ratzinger stesso fino alla sua elezione.
E allora bisogna forse concludere che la vera ragione per cui Ratzinger si è dimesso è un’altra. Quale? Per scegliere lui stesso il suo successore. Ecco la sua prova d’intelligenza. Non può darsi, per esempio, che abbia innalzato ai due terzi il quorum necessario per eleggerlo, proprio per impedire ai suoi avversari di avere partita vinta? Si badi bene: questa non è una bassa insinuazione, non è un’accusa. Ratzinger ha degli avversari. Ratzinger è sempre stato un teo-politico. Un uomo come lui, che crede fino in fondo nella sua missione, può benissimo ritenere che per portarla a termine sia necessaria un’operazione come questa. Che un papa più giovane ed energico, perfettamente allineato ai suoi propositi, possa portare quella missione a compimento ben al di là dei limiti temporali che la natura impone alla sopravvivenza del predecessore. Ci sarebbe davvero da stupirsi se, fra qualche settimana, a salire sul trono di Pietro fosse un uomo sgradito a Joseph Ratzinger.
Di più: il papa emerito non lascerà il Vaticano. Come si spiega? Se voleva davvero ritirarsi, poteva ben trasferirsi altrove. Passeggerà per gli stessi giardini dove da sempre ha passeggiato il papa. Non sarà, lo ha detto lui stesso, “isolato dal mondo”. Non sarà certo isolato dal nuovo pontefice.
E’ difficile non concludere che Ratzinger farà di fatto il “sovrapapa”. Noi non sentiremo parlare di lui. Ma lui sarà, nell’ombra, l’ispiratore, il consigliere, il mentore: perfettamente obbediente, lo ha già annunziato, alla persona che lui stesso avrà scelto perché obbedisse alle sue stesse intenzioni.
Non c’è nulla di ignobile in tutto questo. C’è però qualcosa di inquietante. Cambierà il papa, non cambierà la chiesa. La chiesa era già un organismo congegnato, un po’ come un’ameba, per perpetuare perennemente se stessa, perennemente nell’identica forma. Se ogni papa, d’ora in poi, dovesse scegliersi il suo successore, l’assemblea che si dice di Cristo resterà costretta a riprodurre per sempre i suoi stessi discutibili propositi, i suoi stessi imbalsamati rituali. Non vedremo mai un’esplosione di fantasia come quelle di Cristo o di Francesco. Non vedremo pericolose irruzioni di Spirito Santo incuranti di ordine e gerarchie. Non vedremo mai un papa gettare alle ortiche la corona, come il giovane sovrano di Oscar Wilde. Ci avrà pensato il sovrapapa ad impedirlo.


3 commenti:

  1. è quello che ho subito pensato anche io. ratzinger stava perdendo fedeli di giorno in giorno, soprattutto tra i giovani.
    patetici tentativi di sbarcare su twitter e venire così esposto a lazzi e frizzi sono stati forse gli ultimi per recuperare consensi, ma devono averlo convinto che buttava male.
    mi aspetto di vedere un papa giovane e africano, in modo da far passare contenuti vecchi in una facciata di novità apparente, forse con qualche piccolo adeguamento ai tempi che ratzinger non avrebbe potuto fare senza perdere la faccia

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  2. Discorsi interessanti, ma, basandosi sui fatti: avete visto il documentario "Mea Maxima Culpa?"? Ratzinger si è dimesso il giorno stesso in cui il documentario è uscito negli USA, qualche giorno prima che fosse proiettato in Italia. La stampa americana ha notato questo collegamento; visto il film è chiaro che non è un caso; link:
    http://www.davidicke.com/headlines/79715-resigning-ratzinger-covered-up-global-child-abuse-mea-maxima-culpa-silence-in-the-house-of-god

    http://news.supermoney.eu/cultura-spettacoli/2013/03/ratzinger-accusato-nel-film-mea-maxima-culpa-0011945.html#

    http://movieline.com/2013/02/11/pope-benedict-xvi-resignation-alex-gibney-analysis-mea-maxima-culpa-silence-in-the-house-of-god/

    Silvia


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  3. Interesante; per restare aderenti ai fatti: avete visto il documentario "Mea Maxima Culpa. Silence in the house of God"? La stampa americana ha notato che Ratzinger si è dimesso lo stesso giorno dell'uscita del doc in USA, pochi giorni prima che il doc arrivasse in Italia. Il documentario riporta un abbozzo-tentativo di intervista a Ratzinger sulla pedofilia (che è solo una delle follie della chiesa) e alcuni dati che dimostrano che Ratzinger era al corrente di tutto; aveva chiesto che tutti i casi passassero dal suo ufficio, prima di diventare papa. Non sono illazioni o congetture, ma dati evidenti.
    vedi tra i link:
    http://www.davidicke.com/headlines/79715-resigning-ratzinger-covered-up-global-child-abuse-mea-maxima-culpa-silence-in-the-house-of-god

    http://movieline.com/2013/02/11/pope-benedict-xvi-resignation-alex-gibney-analysis-mea-maxima-culpa-silence-in-the-house-of-god/

    http://www.comingsoon.it/News_Articoli/Interviste/Page/?Key=21446

    http://news.supermoney.eu/cultura-spettacoli/2013/03/ratzinger-accusato-nel-film-mea-maxima-culpa-0011945.html

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