Draghi ci ha assicurato l’altro ieri che gli enigmatici risultati delle recenti elezioni non avranno grandi effetti sui mercati finanziari.
Ci ha spiegato che i mercati non si lasciano impressionare da queste inezie, che di elezioni in area euro ce ne sono 34 in tre-quattro anni, che sono i politici e i giornalisti che si confondono per così poco, mica la gente seria.
Soprattutto ci ha spiegato che l’Italia ha innestato il “pilota automatico”, cioè che, comunque vadano le elezioni e chiunque sia al governo, la strada è già tracciata.
In altre parole, non ha fatto che confermare quel che avevamo scritto tempo fa su questo blog. Ossia che “dopo Monti verrà Monti”, se non in senso letterale (cosa che peraltro non si può ancora escludere), certamente in senso politico. Insomma, le elezioni sono una bella cerimonia, che tutti apprezzano, anzi ammirano, ma all’atto pratico, non contano niente: che circa il 60% degli italiani abbia forse creduto di respingere i diktat dell’Europa e dei mercati non fa differenza. I mercati non si lasciano impressionare.
Ma il fatto è che quando noi abbiamo scritto quella cosa, non ci aspettavamo un risultato così enigmatico. Che questa totale incertezza politica lasci del tutto indifferenti i signori dei mercati, e che Draghi sia così pronto a certificarlo, è in verità un fatto ancora più enigmatico.
Perché, lasciando da parte ogni ironia, quel che Draghi sta dicendo è una verità: sta dicendo che abbiamo il cappio al collo. Ma questo cappio al collo passa appunto attraverso la minaccia di una tempesta finanziaria.
Ora, l’unica cosa certa, per il momento, è che questa tempesta non è arrivata. I grandi market movers internazionali non hanno lanciato alcun attacco speculativo contro l’Italia paragonabile a quelli che abbiamo visto in atto fino all’altro ieri.
Che Draghi si mostri così sicuro che un simile attacco non verrà, può voler dire solo una di due cose.
Forse confida che, presto o tardi, si formerà comunque un governo che addiverrà ai diktat europei senza bisogno che il cappio sia tirato. Ma è difficile dire su cosa si basi una simile certezza nelle nebbie in cui stiamo navigando.
Oppure vuol dire tutt’altra cosa, forse più confortante: che i signori dei mercati hanno capito che il rigore forsennato non è poi così indispensabile, o così benefico, o così praticabile, e non intendono più scatenare le loro cannoniere per garantire questo risultato. Che chi voleva fare a pezzi l’euro ha ormai dovuto abbandonare il proposito e chi voleva usare lo spread per imporre austerità a qualunque costo ha finalmente cambiato idea davanti all’evidenza delle cose.
Bene, se così fosse, vorrebbe dire che stiamo entrando in una nuova epoca. Che un’altra torre della granitica fortezza neoliberista si sta silenziosamente sgretolando. Sarebbe già qualcosa.
Ma intanto la fortezza è ancora lì. E’ un po’ presto per dare per scontato che nessuna tempesta sia in agguato.
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