domenica 24 ottobre 2010

Ancora: il disegno politico di Silvio Berlusconi.

Ritorno ancora sullo sbaglio del grande Travaglio, di cui al post del 17 ottobre, se non altro perché Berlusconi ci ha insegnato che dire le cose è inutile se non si provvede a ripeterle.
Sostenevo che Berlusconi ha un nitido disegno politico, che va molto al di là della difesa dei suoi personali interessi. La sua è un'idea dello stato. E' un'idea che, certamente a sua insaputa, non è altro che una reincarnazione post-moderna di quella di Filmer, che nel Seicento inglese, nel secolo trafitto dai raggi abbaglianti dell'aurora del sogno democratico, difendeva fino all'ultimo sangue il monarca di diritto divino.
Dunque ripeto: il progetto di Berlusconi è quello di concentrare tutti i poteri nelle mani di un esecutivo che, attraverso il controllo dei media, anziché con la limitazione dei diritti, garantisce l'indefinita perpetuazione politica di se stesso e dei propri propositi.
Nell'impresa di assoggettare la magistratura al governo, l'intento di proteggere lo stesso Berlusconi è in realtà puramente incidentale. Essenziale è che il governo sia sottratto al controllo di un potere indipendente capace di costringerlo al rispetto di una legge che non si deve permettere di limitare la potestà chi comanda. Chi comanda è eletto dal popolo (magari con qualche aiuto della legge elettorale), cioè dal pubblico, la vittima predestinata dell'inganno programmabile coi media. Il cerchio si chiude: il potere riproduce se stesso, ed ha gabbato la democrazia.
Che questo sia un progetto lucido e perfettamente consapevole è evidente, nonostante il fatto che sia tenuto scrupolosamente occulto, come è nella natura dell'inganno su cui si fonda.
Che cosa succederebbe se tutta l'opposizione si decidesse a riconoscere che abbiamo a che fare con un disegno incompatibile non solo con la Costituzione della repubblica, ma con lo stato di diritto, con la supremazia della legge, con la separazione dei poteri, coi fondamenti stessi della democrazia?
E' chiaro che la questione non è secondaria, non è un esercizio di politologia. Se è questa la minaccia con cui abbiamo a che fare, allora tutto il resto deve passare in secondo piano. Allora diventa più che sensato allearsi con tutti, da Fini a Beppe Grillo. Ma non per balbettare sulla legge elettorale: per spegnere un incendio che sta bruciando la casa.
E questo ci porta alla storia del sondaggio di mezz'estate di Claudio Riolo, argomento di un'altra puntata.

8 commenti:

  1. Ricevo da Angelo Baracca:
    Concordo abbastanza con chi ha detto prima
    di me che Berlusconi sta attuando il programma della P-2. Quello che
    faccio fatica a dipanare e' (1) dove finisce il programma politico e
    cominciano gli interessi personali, (2) lo schieramento, che mostra
    crepe significative, vedi Fini: al quale non posso dare la patente di
    democratico fulminato sulla via di damasco, ma sicuramente cerca di
    smarcarsi in qualche modo, non capisco bene se per motivi personali
    (carrirera/spazio politici) o per un disegno diverso. Ma anche (3) se
    quelli del PD sono solo di corte vedute, o omogenei al progetto (per molti mi
    sembra indubbio), oppure addirittura complici.

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  2. Ricevo da Lorenzo Sandiford:
    Caro Alberto, ti devo deludere. La penso esattamente come Travaglio e Di Pietro. Il punto di partenza dell'azione di Berlusconi è quello da loro indicato. Se poi vengono fuori macchinazioni come quelle da te descritte, è perché sono le strade migliori, anzi forse le uniche, per ottenere quei risultati personali di cui parlano Travaglio e Di Pietro.
    Ovviamente nessuno ha la verità in tasca e può entrare nella testa di Berlusconi, tanto meno nella sua testa di vent'anni fa, ma io la penso come Travaglio e Di Pietro.
    E poi, ma questo se tu ci credessi ti farebbe piacere nonostante la divergenza con me, sono convinto che Berlusconi sia già politicamente finito. Perderà un sacco di voti alla prossima tornata elettorale.
    L'unica cosa che mi preoccupa è che il tramonto di Berlusconi possa portare con sé ulteriori deformazioni o forzature dell'assetto costituzionale "materiale" simili a quelle a cui abbiamo assistito in questi ultimi anni. Vorrei che il Paese ne uscisse con meno strascichi possibili e solo in seguito procedesse ad alcuni aggiustamenti costituzionali dimostratisi necessari proprio con il caso Berlusconi.

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  3. Mi auguro vivamente che Lorenzo Sandiford abbia ragione nel prevedere la fine di Berlusconi e la sua prossima sconfitta elettorale. Concordo comunque pienamente con lui quando auspica che solo una volta passata questa bufera si proceda ad alcuni aggiustamenti costituzionali, non quelli pessimi che si otterebbero negoziando con lui, ma proprio il contrario: quelli che lui ha dimostrato essere necessari per evitare che la minaccia si ripeta. La Costituzione repubblicana fu costruita in risposta al fascismo: bisogna che la sua rinascita democratica sia segnata dalla risposta al berlusconismo.

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  4. Ricevo da Angelo Baracca:
    Ieri riflettevo a quello che ti avevo scritto,
    e mi è venuto un ulteriore interrogativo, tutto sommato più generale
    (generico) e di fondo: in questo disegno che ci fa il popolo italiano?
    Perchè ogni popolo ha i regimi e i Berlusconi che si merita. In Francia
    Sarkozi la hanno votato, però stanno dimostrando in tanti di essersene
    pentiti, se qui Berlusconi continua a piacere non dobbiamo meravigliarci
    ma chiederci il perché: in altre parole, impersona una mentalità
    diffusa, un disegno che tante persone condividono. Penso che anche
    Mussolini esprimesse idee e sentimenti maggioritari. Non ho neanche gli
    strumenti culturali, storici e sociologici per impostare un'analisi di
    questo tipo, ci sono studiosi che hanno studiato i fenomeni di massa.
    Forse bisogna tirare in ballo - proprio ora che si ricordano, con tanta
    retorica, i 150 dell'unità - la nostra storia, un paese che non ha avuto
    nemmeno la rivoluzione borghese, ma ha impostato il processo unitario,
    se non vado errato, sugli agrari. Giorni fa ragionavo con un compagno
    sul PD, che è l'esito del Partito Comunista più grande dell'Occidente!
    Alcuni dei cui dirigenti 20 anni fa hanno addirittura - ti ricordi? -
    ABIURATO il loro passato comunista (ovviamente continuando freschi come
    una rosa a proporsi come dirigenti: e se la base ha continuato ad
    accettarli con una virata di 180 gradi, vuol dire che anche la base la
    pensava così!). Pensavo che Enrico Berlinguer, con il compromesso
    storico, non tradì una linea poltici, ma ne diede la rappresentazione
    più cristallina: IL COMPROMESSO. Che forse è veramente una delle basi
    della prassi politica e sociale di questo paese.

    Fin qui Angelo. Osservo:
    Angelo sa bene che, pur essendo decisamente di sinistra, io non condivido la sua passione per il comunismo. Ma vivendo in Toscana, non ignoro che parecchi elettori del PD continuano a considerarsi comunisti: il fenomeno è indubbiamente singolare...

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  5. Ricevo da Francesco Apergi:
    Caro Alberto, intervengo volentieri sulla questione che hai sollevato. Concordo con la tua tesi: dietro la parabola (si spera declinante) di Berlusconi non si manifesta solo il disegno di un magnate che utilizza il potere politico acquisito per difendere i propri (sporchissimi) interessi. C'è molto di più. Marco una differenza, però, rispetto a quanto tu sostieni. Evitiamo di usare termini classificatori come 'fascismo'. Per varie ragioni, non ultima delle quali il fatto che la storia non si ripete e che interpretazioni dell'oggi, che si limitino a richiamare categorie di ieri o dell'altro ieri per decifrarlo, spesso peccano di pigrizia e portano all'errore, scientifico e politico insieme. Che cosa voglio dire ? Che ci troviamo di fronte a un progetto di stato autoritario che non ha precedenti. Certo: c'è del fascismo in questo, ma anche (perché no ?) di una visione cesarista-napoleonica (l'investitura elettorale-plebiscitaria come unzione che dà all'unto poteri assoluti e sciolti da ogni controllo: un assolutismo democratico). Ma c'è molto di tremendamente 'moderno' e ancora in fieri, che potrebbe, se non contrastato, risultare vincente anche fuori Italia, quasi un modello esportabile di gestione politica antidemocratica delle contraddizioni di una società globalizzata.
    Faccio un passo indietro nella storia. Socialisti e comunisti degli anni Venti e Trenta (ragiono grosso modo) non capirono niente del fascismo avanzante, perché lo definirono come una variante estrema e aggressiva di un capitalismo in preda alle sue contraddizioni (interpretarono il loro oggi limitandosi a usare categorie a loro consuete, videro cioè il fascismo come una edizione aggiornata del capitalismo e non come un modello politico a se stante). Da questa analisi discese la scelta (sciagurata) di continuare a combattere (fino al 1936, a frittata oramai fatta) le forze liberali come equiparate al fascismo, in quanto parimenti 'nemici di classe', non capendo che il fascismo non era una delle tante facce del ‘capitalismo borghese’ internazionale, una sua emanazione, ma ben altro, e che avrebbe spazzato via la sinistra come i liberali. In questo la storia dovrebbe insegnare qualcosa anche a noi antiberlusconiani...Così come il nazifascismo fu spazzato via dall’azione concorde di tutte le forze che erano da questi diverse (dico tutte: dai monarchici savoiardi, ai liberali che inizialmente avevano spalancato le porte a Mussolini, ai comunisti duri e puri), così del berlusconismo ci sbarazzeremo solo con uno schieramento il più largo possibile (turandoci il naso se qualche alleato ci parrà poco presentabile: ma lo fecero anche i padri fondatori della nostra repubblica…).
    Francesco Apergi

    Un'analisi ludissima, con la quale concordo pienamente. E' un progetto di stato autoritario che non ha precedenti. Date le profonde differenze, l'uso della parola fascismo è poco più che una figura retorica, giustificabile forse per via delle significative analogie, ma forse sconsigliabile per le ragioni suddette.

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  6. Ricevo da Paolo Lombardi (pare che l'inserimento dei commenti continui a non funzionare):
    Quanto all'articolo su Travaglio, sono d'accordo quasi su tutto: ci divide solo il riferimento alle ascendenze seicentesche (e filmeriane) delle idee politiche berlusconiane. Personalmente, dubito molto che questi qui abbiano anche mai solo sentito nominare Filmer; né credo che lo sgangherato progetto di B. abbia simili, "nobili" (a modo loro) radici. A me sembra piuttosto una reincarnazione in veste sguaiata e stracciona dell'eterno fascismo italiano, insofferente delle regole e dell'equilibrio dei poteri e che trova facile esca più nell'insofferenza dei limiti posti al proprio arbitrio più che in alte e radicate convinzioni. Più "I mostri" di Comencini che il "Patriarca", per intenderci. Ciò vale anche per la questione del consenso, che secondo me trova alimento in ampie parti del paese di democrazia male appresa, di scarsissima educazione civica, su cui il rinnovimento civile dell'Italia post-fascista ha avuto scarsissima presa. In più si aggiunga: il declino della borghesia produttiva e colta a favore di una nuova classe di arricchiti grazie alle svalutazioni della lira ma priva di cultura e scarsamente propensa all'impegno civile, le cui ricchezze derivavano non dalla operosa fatica quotidiana, ma dal saccheggio delle ricchezze comuni; e il disastro della scuola (dai tempi della Falcucci, tranne per la breve parentesi del valoroso De Mauro non c'è stato più un ministro della pubblica istruzione appena appena degno di questo nome). E soprattutto: la mancanza di un terreno comune tra gli oppositori della "cultura" (si fa per dire) berlusconiana, che si situano a macchia di leopardo senza essere capaci di trovare un retroterra e una narrazione civile che li tenga insieme. Insomma, il progetto B. non ha la forza nè la consistenza intellettuale di una vera "ideologia" ma vince facile per abbandono degli avversari. Questo è quanto mi sentirei di dire a botta calda. Ma immagino che ne riparleremo.
    A febbraio esce un mio nuovo libro. Te lo manderò senz'altro.

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  7. Ancora da Paolo Lombardi:
    La questione sulle ascendenze delle idee (idee è una parola grossa...) berlusconiche mi sembra accademica. Ci sarà più Filmer o Comencini? In fondo, non è la cosa centrale... Più rilevante è forse il punto se B. sia un fenomeno novissimo o se sia una riemergenza. Io propendo per la seconda ipotesi; però non credo che ritenere ciò sia indicare mancanze di via d'uscita. Il fatto che con B. riafforino forze ben radicate in questo paese, non significa che in certi periodi tali forze non siano state tenute a bada, e anche benino; o non siano cadute persino per intrighi interni. Quindi non è che sia pessimista nel senso di una inossidabilità di tali forze. Penso solo che, con l'attuale ignavia di molti dei presunti oppositori, e con la incapacità di coordinamento degli altri, quelle forze per ora dormono tra due guanciali.

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  8. Quanto al problema posto da Apergi e Lombardi, se il berlusconismo sia un fenomeno novissimo o una riemergenza, io penso in realtà che sia tutt'e due le cose. Il fenomeno è nuovissimo perché, a quanto mi risulta, nessuno al mondo ha mai realizzato un simile progetto, certamente mai in una democrazia "matura" e florida come l'Italia. E certamente c'è il rischio, indicato da Apergi, che diventi un modello esportabile.
    Ma penso allo stesso tempo che sia una riemergenza proprio nel senso segnalato da Lombardi, perché c'è un percettibile filo di continuità che lega l'alleanza (segreta) fra fascisti e americani che segnò il '48 con Gladio, le "deviazioni" dei servizi segreti da De Lorenzo alle stragi degli anni Settanta, la loggia P2 e il berlusconismo. Tutti quelli che non hanno mai mandato giù il concetto di democrazia hanno esultato alla comparsa di Berlusconi, salvo poi magari farsi deludere dagli sviluppi. Adesso vedo molte crepe in quello schieramento: ma non è detto che l'eventuale caduta del ducetto comporti il tramonto del suo progetto. Questo è il problema a cui alludeva Sandiford, e questo dipende tutto dalla lucidità d'intenti e dalla nobiltà di propositi dello schieramento opposto, che finora, francamente, ha mostrato poco di quest'ultima e nulla della prima.

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