Ho sentito ieri il generale Carlo Jean, oggi divenuto professore, dichiarare per radio, a proposito dell'intervento in Libia:
"La comunità internazionale è una comunità politica e non un'entità mistico-religiosa. Questo significa che gli stati perseguono innanzitutto il proprio interesse". Un luogo comune, certo, anzi il luogo comune che sta a fondamento del cosiddetto "realismo geopolitico".
Ora, Jean è davvero una persona di grande intelligenza. Dunque stupisce che non colga la flagrante contraddizione insita in quelle parole. Una comunità politica formata da cittadini in carne e ossa è un organismo che nasce proprio allo scopo di imporre dei limiti alla facoltà dei suoi membri di perseguire il proprio interesse a danno di quello altrui. In particolare, di impedire che lo perseguano ricorrendo alla violenza. Non prende per questo l'aspetto di un'entità mistico-religiosa.
L'ONU nacque nel 1945 proprio allo scopo di impedire ai suoi membri di perseguire i propri interessi usando la violenza. Ossia allo scopo di fare della comunità internazionale qualcosa di più simile ad una comunità politica. Se oggi gli Stati che si sono autoincaricati di applicare la risoluzione 1973 si permettono di dichiarare che lo fanno nel loro interesse nazionale, questa non è affatto una cosa logica e naturale. E' invece piuttosto inquietante.
E' come se la polizia annunciasse un bel giorno che intende usare la forza a beneficio della stessa polizia. Non sarebbe una cosa preoccupante?
La comunità internazionale non sarà mai un'entità mistico-religiosa. E' il realismo geopolitico, semmai, una fede mistico-religiosa che innalza l'interesse degli stati al di sopra di quasiasi altra cosa e, così facendo, giustifica i più forti e si arruola al servizio degli imperi. Questo "realismo" è una credenza barbara ed arcaica che minaccia il destino del pianeta e non è degna della nostra epoca. Per questo è destinata a tramontare, checché ne pensi il generale Jean.
Assolutamente d'accordo con lei, Cacopardo. Il realismo politico è destinato a tramontare. Checché ne pensino i Jean, i Panebianco, i Ferrara (e sì, ahimé, pure lui, che voleva sino a qualche anno fa esportare la democrazia) et similia. Tutti si ergono a statisti, ma non capiscono quello che sta succedendo. Le vecchie categorie della politica mi pare si stiano sgretolando sotto i nostri occhi.
RispondiEliminaCaro Alberto, mi sembra che ad oggi l'unica cosa chiara sia proprio la risibilità di questo "realismo", in effetti. Leggendo le notizie sull'ansa questa mattina, "la nato non chiederà scusa ai ribelli", "non eravamo informati che utilizzassero carri armati", "le forze di Gheddafi nascondono carri armati in veicoli civili", e "abbiamo prove documentali che quando i carri armati si avvicinano alle zone abitate costituiscono un pericolo per la popolazione civile", ho pensato a uno spettacolo comico di sicuro successo, magari da rappresentare nella nuova casa di LampedU.S.A., insieme al messaggio di cordoglio mandato alla Tunisia per i migrandi somali provenienti dalla Libia, al nuovo disco di Carla Bruni e all'interventismo del Pd. Così com'è, la faccenda libica è un orrore assoluto, un pasticcio inguardabile, e l'informazione italica in merito un'accozzaglia di minchionerie. Non vedo una soluzione, onestamente, il linguaggio del diritto internazionale mi pare sia solido come il legno di fico e la sua applicazione un'aporia logica. A sentire parlare di "rais" ecc. torno a pensare all'Iraq e mi sento alquanto a disagio.
RispondiEliminaBaci
Stefano