L’accordo raggiunto oggi fra l’opposizione ucraina e il
governo di Janukovich lascia sperare finalmente in una pacificazione di quel
tormentato paese. Ma purtroppo le speranze non sono molto solide. Perché il
destino dell’Ucraina dipende assai più dagli atti di Stati Uniti ed Europa che
non dalle decisioni del governo o dei manifestanti.
Come al solito, si è cercato di dipingere la situazione come lo scontro fra un bieco dittatore che spara sulla sua stessa gente e un popolo che insorge in cerca della libertà. Come al solito, da una parte i buoni che, guarda caso, stanno con l’Europa e gli Stati Uniti, dall’altra i cattivi che, guarda caso, stanno con la Russia. Queste non sono delle innocue semplificazioni, sono pericolosissime distorsioni della realtà. In Ucraina ci sono due parti che hanno entrambe le loro ragioni ed hanno entrambe i loro torti, come quasi sempre succede quando si viene alle armi. Chi crede veramente nella pace dovrebbe innanzitutto fare a meno di aizzare una parte contro l’altra.
Finalmente proprio questa mattina ho sentito dire qualcosa
di savio in proposito. E’stato Pino Arlacchi che, in un breve colloquio su
Radio24, è tornato sull’argomento, che aveva già discusso giorni fa in un’altra intervista sulla stessa emittente.
In risposta ad un ascoltatore che lamentava come al solito l’inesistente
“inerzia dell’Europa”, inveendo contro la solita cattiveria di Janukovich,
Arlacchi è andato dritto al punto, sostenendo che il vero problema nella
vicenda ucraina è uno solo, ed è il nostro rapporto con la Russia. La politica
di inclusione condotta dall’Unione Europea verso l’Est, ha detto pressappoco,
ha il non lieve difetto di mirare ad includere tutti, tranne la Russia. Questo
comportamento, per Arlacchi, non può che suscitare grande allarme in quel paese,
che non ha affatto un atteggiamento pregiudizialmente ostile verso l’Europa. Continuare
ad interferire così pesantemente nelle vicende interne di uno stato come l’Ucraina,
che con la Russia ha legami storici così forti, non significa altro che
alimentare la nuova guerra fredda, quella stolta guerra sotterranea di cui
parlavamo in un recente post su questo blog.
Arlacchi non ha torto. L’Ucraina non è un paese in rivolta
contro un bieco dittatore. E’ un paese diviso esattamente in due metà, di cui
una guarda a oriente e l’altra in direzione opposta.
Nel lontano 1996, quando tutto era tranquillo intorno a Kiev,
Samuel Huntington, nel suo malefico, intelligentissimo libro “Lo scontro delle
civiltà”, tracciava proprio attraverso l’Ucraina la linea di confine fra la sua
“civiltà occidentale” e la sua “civiltà ortodossa”. E dipingeva come del tutto
realistica la possibilità che il paese “si spacchi in due distinte entità e che
la parte orientale venga annessa alla Russia”. Questo, aggiungeva, “sarebbe
tuttavia possibile solo grazie ad un forte ed efficace sostegno occidentale,
che a sua volta potrebbe giungere solo qualora i rapporti tra Russia e
Occidente si deteriorassero come ai tempi della guerra fredda”.
Purtroppo è proprio questo lo scenario a cui stiamo
assistendo: la divisione dell’Ucraina appare oggi assai più probabile che
allora.
Sarebbe un’autentica disgrazia. Perché significherebbe che l’Occidente
ha deciso di procedere proprio sulla strada di quello scontro di civiltà che
tutti quanti, a parole, dicono di detestare.
Sarebbe ora che tutti si rendessero conto dei tremendi
pericoli che una simile strada comporta. E si decidessero a battere la strada
esattamente opposta, cioè quella indicata da Arlacchi, che coincide col sogno
profetico che fu di padre Balducci: una politica di inclusione che si estenda
fino a Mosca, che pacifichi i rapporti fra Russia ed Europa e pacifichi con
questo l’Ucraina.
Questo scontro di civiltà sia maledetto: non è nell’interesse
dell’Europa, non è nell’interesse della pace, non è soprattutto nell’interesse
del pianeta intero.
Nessun commento:
Posta un commento