Alleluia! Finalmente una buona notizia. La bocciatura dell’intervento
britannico in Siria da parte del parlamento di Westminster rappresenta con ogni
verosimiglianza una svolta storica, destinata ad avere ripercussioni di lunga
gittata.
Per la prima volta da chissà quanto tempo, vediamo un
governo europeo bocciato sulla proposta di un
atto di guerra dal parlamento stesso che lo sostiene .
Per la prima volta dalla fine della guerra fredda vediamo un
grande paese d’Europa, la sua opinione pubblica, il suo parlamento sovrano, dimostrarsi
capace di imparare quella lezione che tutte le catastrofiche conseguenze dell'ossessivo
ricorso alla violenza praticato e teorizzato dall’Occidente in
questi anni avrebbero dovuto insegnare da tempo ai popoli e ai potenti.
Il voto del parlamento britannico è stato un fulmine a ciel
sereno, per il suo risultato e per la sua nettezza. Cameron aveva tentato di
annacquare la sua mozione accogliendo la proposta laburista di rinviare il voto
sull’intervento vero e proprio a dopo il rapporto degli osservatori Onu,
proponendo, nella certezza che fosse approvata, solo una generica dichiarazione
di principio sulla necessità di una reazione internazionale che non escludesse l’uso della forza.
Ma anche questa debole formulazione è stata nettamente bocciata,
con 285 voti a 272. Il parlamento non ha atteso il “rapporto d’intelligence”
promesso per oggi dall’amministrazione americana e i suoi ormai prevedibili
farfugliamenti, non ha atteso nemmeno quello degli osservatori Onu, e ha messo
una pietra tombale su ogni ipotesi d’iniziativa armata. Cameron, molto
correttamente, ne ha preso atto senza mezzi termini: “Mi appare chiaro che il
Parlamento britannico, riflettendo la visione del popolo britannico, non vuole
vedere un’azione militare britannica. Ne prendo atto, e il governo agirà di
conseguenza”.
In barba a tutti i tentativi di minimizzazione già dispiegati
sul fronte americano, la batosta per Obama è formidabile. Come lo è per
Hollande, che incredibilmente si è dichiarato pronto a lanciare l’attacco ancor
prima del voto in materia del parlamento francese: sarà molto difficile che lo
faccia davvero. Così come diventa estremamente improbabile, a questo punto, un
ripensamento del governo tedesco e di quello italiano sulla loro linea di
dissociazione.
E quel che è ancora più confortante è il fatto che questo
voto segna, fra le altre cose, il definitivo consolidamento del giudizio storico
sul delirante intervento in Iraq del 2003. Il richiamo a quell’errore colossale
è stato la nota dominante dell’ampio e civilissimo dibattito che ha preceduto
il voto. E’ illuminante a questo
proposito la dichiarazione al New York Times di un anonimo parlamentare
conservatore: “Il primo ministro sapeva che il pozzo era stato avvelenato dall’Iraq,
ma non credo che avesse chiaro fino a che punto.”
Forse non è vero che “la storia non è maestra di nulla che
ci riguardi”. Forse a volte le sue lezioni sono troppo tonanti per restare
troppo a lungo inascoltate.
Sarebbe bene che tutti i devoti del demone della guerra che
allora come sempre irrisero all’indignazione, all’angoscia e al dolore dei
milioni che aspirano alla pace, meditassero una buona volta sui loro sbagli.
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