Oggi, 21 marzo 2018, equinozio di
primavera, il capo della Polizia della Repubblica Italiana ha
pronunciato una flagrante menzogna davanti alla stampa, ai media e a
tutto il popolo italiano.
Franco Gabrielli stava manifestando la
sua alta indignazione per le parole del sostituto procuratore
generale di Genova Enrico Zucca, già pubblico ministero al processo
per le torture della scuola Diaz, il quale, davanti alla madre di
Giulio Regeni, aveva osato sostenere che è difficile pretendere che
l'Egitto ci consegni i suoi torturatori, quando noi teniamo i nostri
torturatori ai vertici della polizia.
Zucca si riferiva al fatto che diversi
responsabili di quei tristi e indimenticabili episodi, pur essendo
stati riconosciuti colpevoli e condannati per i loro misfatti, sono
stati reintegrati nelle loro funzioni e addirittura promossi a
posizioni di alto livello nella Polizia di Stato, non appena scaduti
i termini dell'interdizione dai pubblici uffici conseguente alle
condanne penali.
Zucca non diceva fantasie. Appena tre
mesi fa, nel dicembre 2017, Gilberto Caldarozzi, condannato e
riconosciuto responsabile dei depistaggi relativi alle false molotov
introdotte ad arte dai poliziotti nella scuola Diaz, è stato
nominato dal Ministero degli Interni di Marco Minniti a numero due
della Direzione Investigativa Antimafia. Pietro Troiano, colui che
materialmente introdusse quelle molotov, è stato posto a capo del
centro autostradale operativo della polizia di Roma, che non è un
ufficio tecnico qualsiasi, ma un nodo nevralgico dei servizi
d'informazione, poiché è in grado di identificare, attraverso il
sistema Tutor, chiunque transiti in autostrada nei dintorni della
capitale. Franco Gratteri era capo della Direzione centrale
anticrimine quando, nel luglio 2012, la Cassazione confermava in via
definitiva la sentenza che lo riconosceva fra i primi responsabili di
quei fatti, mentre Giovanni Luperi, responsabile e condannato come
lui, era addirittura a capo del dipartimento analisi dell'Aisi, il
servizio segreto interno: entrambi non sono stati reintegrati allo
scadere dei cinque anni solo perché nel frattempo avevano superato i
limiti d'età. Altre notizie analoghe su altri condannati si trovano,
per esempio, qui e qui e qui.
Zucca aveva solo osservato che, con
queste credenziali, è difficile pretendere dall'Egitto quello che
noi stessi non siamo capaci di fare: “Lo sforzo che chiediamo a un
paese dittatoriale è uno sforzo che abbiamo dimostrato di non saper
far per vicende meno drammatiche”, aveva detto.
Non l'avesse mai fatto. “Arditi
parallelismi”, “infamanti accuse”, ha tuonato Gabrielli, che
“qualificano soltanto chi le proferisce”. “In nome di chi ha
dato il sangue, di chi ha dato la vita, chiediamo rispetto”. Ora
noi nutriamo davvero il più alto rispetto per chi ha dato il sangue
e la vita, come Beppe Montana che si stava appunto commemorando in
quel momento, ma non si capisce perché, in virtù di questo,
dovremmo prestare rispetto anche a chi non ha dato né sangue né
vita, ma anzi, al contrario, ha versato il sangue di innocenti in
violazione della legge, della giustizia e della Costituzione.
Sì, della Costituzione: che Gabrielli
ha avuto il coraggio di chiamare in causa, sostenendo che quei
personaggi sono stati reintegrati nelle funzioni per cui erano
competenti proprio ai sensi della Costituzione, precisamente
dell'articolo 27. Questo si è sentito in televisione.
Ecco la grossa bugia. Evidentemente
Gabrielli presume che la Carta sia totalmente ignota agli italiani e
che si possa tranquillamente mentire sul suo contenuto senza che
nessuno se ne accorga. Perché l'articolo 27 non dice proprio nulla
di simile. Dice, nel testo integrale: “La responsabilità penale è
personale. L'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna
definitiva. Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al
senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato.
Non è ammessa la pena di morte”. Ora si dà il caso che tutti i
personaggi a cui si riferiva Zucca siano stati condannati con
sentenza di Cassazione passata in giudicato nel 2012. Sentenza
definitiva. Dunque cosa c'entra l'articolo 27? Semmai se ne potrebbe
dedurre che sono stati quei poliziotti a tenerlo in non cale,
considerando colpevoli dei ragazzi che non erano nemmeno imputati e
sottoponendoli a trattamenti non proprio conformi al senso di
umanità.
Tanto più che la stessa Costituzione
dispone, all'articolo 13, comma 4, qualcosa di ancor più
strettamente attinente al caso in questione: “E' punita ogni
violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a
restrizioni di libertà”. Purtroppo si dà il caso che gli agenti
personalmente responsabili di quelle violenze “fisiche e morali”
non siano stati affatto puniti, perché i reati sono andati in
prescrizione. Forse di questo Gabrielli avrebbe fatto bene a
rammaricarsi, se fosse un funzionario che esercita le sue funzioni
“con disciplina e onore” e tenesse dunque fede ai supremi
principi dello stato di diritto, per i quali qualunque potere dello
stato deve essere sottoposto alla legge e non ritenersi, come appare
dalle sue dichiarazioni, al di sopra di ogni regola perché veste una
divisa. Forse avrebbe fatto bene a scalare di un numero e richiamare
piuttosto l'articolo 28, che dice papale papale: “I funzionari e i
dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente
responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli
atti compiuti in violazione di diritti”.
Non lo ha fatto. Ha dichiarato invece:
“Noi facciamo i conti con la nostra storia ogni giorno, noi
sappiamo riconoscere i nostri errori”. I fatti lo contraddicono:
quegli agenti sono rimasti impuniti, quei funzionari sono stati
promossi. Non in virtù della Costituzione, ma di una concezione del
Potere che è in flagrante contrasto con Costituzione stessa.
Concezione che, purtroppo, non è
certo solo sua. Il presidente della prima commissione del Consiglio
Superiore della Magistratura Antonio Leone ha chiesto l'apertura di
una pratica a carico di Zucca per valutare se sia il caso di
sottoporlo a trasferimento d'ufficio. Staremo a vedere come andrà a
finire. Forse finirà proprio come nel 2016, quando una identica
pratica a carico dello stesso Zucca per dichiarazioni del tutto
simili fu archiviata senza rumore e senza conseguenze.
Quella concezione, per fortuna, non è
condivisa da tutti. Valeria Fazio, Procuratore generale di Genova ha
dichiarato: “Il collega Zucca ha fatto un discorso molto articolato
e pienamente condivisibile. Sono dispiaciuta per le incomprensioni,
ma il suo intento non era certo quello di fare paragoni inappropriati
tra uno Stato democratico e una dittatura”. Magistratura
Democratica ha espresso a Zucca la sua solidarietà, affermando che
“non è oltraggioso per la polizia ricordare che a Genova ci fu
tortura”. I genitori di Giulio Regeni manifestano a Zucca “stima
e gratitudine” per “un intervento preciso e equilibrato”.
E noi restiamo qui ad aspettare. La
polizia è una cosa seria, non è un'accozzaglia di torturatori. Ci
sono migliaia di poliziotti e carabinieri che fanno il loro dovere
tutti i giorni in difesa dei cittadini e dello stato, senza credere
di poter tenere in spregio la legge, la giustizia e la Costituzione.
E' triste che i grandi principi dello stato di diritto nati dalla rivoluzione inglese, dalla rivoluzione francese, dalla
rivoluzione americana e dal nostro risorgimento debbano essere
calpestati proprio dai più alti rappresentanti delle istituzioni
repubblicane. Il problema non è solo Gabrielli: è quella concezione
del Potere. Arcaica, malefica, dura a morire, ma destinata a
tramontare perché appartiene ad un cupo passato e non al futuro che
questa nostra epoca si merita. Aspettiamo a vedere se il prossimo
governo ne resterà ancora schiavo come i suoi predecessori.
Non posso che condividere in toto. Non ho nozioni specifiche di diritto, ma il buon senso sarebbe bastato, fin dalla notte della Diaz, a dare un giudizio definitivo. Purtroppo è tutto il nostro sistema politico e amministrativo ad essere asservito a queste logiche, e il cittadino non ha reali garanzie e protezioni.
RispondiEliminaAngelo Baracca