Il reato di tortura non è legge, ma
pochi sanno che è Costituzione.
Sei delle 65 vittime delle incredibili
violenze di Bolzaneto in occasione del G8 di Genova del luglio 2001 hanno accettato il risarcimento di 45.000 Euro offerto dallo stato
italiano e sono uscite dal processo in corso presso la Corte Europea dei
diritti dell'uomo di Strasburgo. Le altre 59 vittime hanno rifiutato: vogliono arrivare ad una nuova sentenza che, dopo quella di
due anni fa, torni ad imporre all'Italia l'adozione di una legge
sulla tortura.
Molti hanno ricordato in questa
occasione che, dopo la precedente sentenza, una legge in materia fu
discussa in parlamento, ma alla fine fu archiviato con un nulla di
fatto anche il morbidissimo testo nato da un vergognoso compromesso
che non configurava la tortura come reato specifico delle forze di
polizia, ma solo come un illecito generico, rendendo la norma
praticamente superflua rispetto alle già esistenti disposizioni del
codice penale. Un testo che per di più non attribuiva al reato di
tortura il carattere di crimine contro l'umanità che lo avrebbe reso
imprescrittibile, ma lo lasciava soggetto all'ordinaria disciplina
della prescrizione grazie alla quale diversi responsabili degli
orrori di Bolzaneto e della Diaz sono sfuggiti alla condanna.
Molti hanno sottolineato con una certa
indignazione che già la precedente senteza di Strasburgo imponeva
entrambe le cose. Ma, curiosamente, nessuno sembra ricordare che una
legge sulla tortura come specifico reato di polizia ci è imposta in
realtà, assai prima che dalla corte europea, dalla nostra carta
costituzionale.
Il comma 4 dell'art. 13 recita infatti
limpidissimamente: “E' punita ogni violenza fisica o morale sulle
persone comunque sottoposte a misure di restrizione della libertà
personale”.
Non è una disposizione relegata in
qualche oscuro angolino della carta. E' nel primo articolo della
Parte Prima, quello che disciplina l'habeas corpus,
il più antico e fondamentale dei diritti civili. Un articolo
interamente diretto a tutelare tutti,
cittadini o stranieri che siano, contro gli eventuali abusi delle
forze di polizia e non contro i misfatti di qualche criminale.
Quel
quarto comma fu intensamente discusso nella sottocommissione della
Costituente che finì per approvarne il testo. Su impulso dei vari
membri che avevano subito di persona le violenze della polizia
fascista, fra cui lo stesso Palmiro Togliatti, fu approvato nella
forma più ampia, più radicale e più esplicita, contro tutti i
tentativi di quanti proposero di limitarne la portata ai casi di
effettiva detenzione, o di violenza fisica grave e così via.
Fu una
grande vittoria della libertà. E' molto triste che, a settant'anni
di distanza, quella vittoria sia ancora tradita.
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