lunedì 1 giugno 2015

Regionali del 31 maggio: la catastrofe che non si vede

Queste elezioni regionali non sono per Renzi una mezza vittoria, non sono una mezza sconfitta. Dietro quello strombazzato sette a due, si nasconde un'autentica catastrofe. Una catastrofe che non sta nella perdita della Liguria, che è un caso significativo, ma del tutto particolare. Sta altrove, dove ben pochi hanno posato gli occhi.
Ma prima di esaminare questo altrove, soffermiamoci sul caso significativo. La Liguria era in una situazione particolare per tre ragioni distinte: perché il centrosinistra era diviso, perché c'era una percezione di cattiva amministrazione proprio a livello regionale, e perché è la patria di Grillo, che ha rimediato un buon quarto dei voti. La sconfitta della renziana Paita è palesemente dovuta solo e soltanto al primo fattore: se i voti del civatiano Pastorino (9,41%) si fossero sommati al suo 27,84%, avrebbero superato il 38%, ampiamente sufficiente a mettere fuori causa il fiero Toti. Questo, ovviamente, dà un'indicazione importante: senza la sinistra del suo partito, Renzi non vince nemmeno in una regione come la Liguria, non certo una roccaforte berlusconiana. E' difficile non concludere che senza la sua sinistra, Renzi è spacciato. Ne deriva, come dicono tutti, che dovrà rivedere i suoi modi verso quelli che aveva rottamato. E questo è il dato significativo.
Ma se fosse tutto qui, non sarebbe poi un danno così tremendo. Quello che lo dovrebbe inquietare di più è un fatto più macroscopico: i voti di Paita e Pastorino messi insieme distano parecchie leghe dal 52% che prese Burlando nel 2010. Si è perso per strada un quarto dei voti. Fosse soltanto per la Liguria, questo si potrebbe attribuire, fra l'altro, a quella percezione di mala amministrazione che abbiamo detto. Ma non è così. La vera catastrofe sta altrove.
Il primo segnale altamente inquietante è naturalmente l'astensione. L'affluenza crolla in tutte le regioni, e non di poco, di circa il 10% in media. Questo è un dato nazionale molto forte, che non si può che attribuire al clima politico generale. E tanto più se osserviamo che il crollo è più forte nelle regioni rosse, con una punta del 13% nelle Marche, mentre è al minimo nel candido Veneto, con poco più del 9%. Questo indica al di là di ogni dubbio che, nonostante la fortuna piovuta dal cielo di una crisi in via di estinzione, Renzi non trascina, non entusiasma e non ispira. L'esatto contrario di quel che lui vorrebbe, e che vorrebbe far credere.
Ma non basta. Non siamo ancora arrivati alla catastrofe, che si nasconde proprio nelle regioni rosse. Nelle Marche, Luca Ceriscioli vince con appena il 41%, molto lontano dal 53% portato via da Spacca nel 2010. Si può obiettare che lo stesso Spacca era acrobaticamente candidato da Forza Italia, con la quale ha preso ben il 14%: obiezione peraltro non robustissima, visto che di suo ci deve aver messo circa zero. Ma che dire allora dell'Umbria, dove Katiuscia Marini trionfa con un tenue 43%, al posto dello scrosciante 57% del 2010? Anche qui soltanto qualche strascico di folclore locale? E sorvoliamo sulla Campania, dove la affaticata vittoria di De Luca, col suo 41%, non può non evocare il fantasma dell'ultima vittoria a sinistra, col 61% di Bassolino nel 2005. Sorvoliamo altresì sulla Puglia, dove il 47% di Michele Emiliano, l'unico candidato che non deve proprio nulla a Renzi, è anche l'unico dato che non sfigura davanti al precedente 49% di Vendola.
Sorvolando sorvolando, arriviamo alla Toscana, la patria di Renzi. Qui l'affluenza è crollata al 48% dal 61% del 2010 e dal 71% del 2005, senza voler risalire più indietro. Non sembra che la sua patria sia esattamente innamorata del vigile Matteo. Il suo candidato Enrico Rossi è stato votato dal 48% del 48% dei Toscani. Al tempo dei rottamati, lo stesso candidato era stato eletto con quasi il 60% dei voti validi. E' qui la catastrofe.
Che cosa è successo? Certo, nel 2010 non c'erano i Cinquestelle che adesso hanno preso il 15%, in verità fra i più bassi dei loro risultati. Ma si badi: la destra (Lega e Forza Italia, con spiccioli) è scesa dal 34 al 29 per cento, nonostante l'avanzata della Lega a spese di Berlusconi, e si è perso nella nebbia il 4,6% che aveva l'Udc. E nel centrosinistra? Nel 2010 Rossi era sostenuto, oltre che dal Pd, che prese il 42%, da Sel, Sinistra & Verdi, e Italia dei Valori. La sinistra, Sel compresa, aveva il 9%, l'Idv altrettanto. Adesso l'Idv è scomparsa e la sinistra, con il bravo Tommaso Fattori, non è andata al di là del 6%. Manca all'appello il 13%. Di tutto questo, il Pd è riuscito a intercettare, in termini percentuali, solo il 4%, passando dal 42 al 46. In termini assoluti, ha perso quasi 30.000 dei 641.000 voti che aveva.
Siamo in casa di Renzi, l'uomo che doveva portare la sinistra alla riscossa: comunque la si guardi, ha fatto peggio di chi lo ha preceduto, che già non era certo una fabbrica di prodigi. E, in questo caso, non si può certo accusare la presenza di un candidato a sinistra: non è una scusante, è il frutto inevitabile di una precisa scelta politica del leader.
Renzi ha deviato a destra la barra politica del suo partito e ha fatto di tutto perché non si formasse alla sua sinistra una forza politica solida. Questi sono i risultati della sua linea. Forse sarebbe il caso di rivederla.
Quanto a Tommaso Fattori, il suo risultato non è elettrizzante, ma non è nemmeno un insuccesso.
Può essere un primo passo verso la costruzione dell'edificio di una sinistra che adesso non c'è.
Noi restiamo qui, ad aspettare, sognando una sinistra radicalmente nuova, vasta, placida e sapiente, ispirata e concreta. Una sinistra che sappia di nuovo indicare la strada a chi crede in un mondo più giusto, più savio, più libero, più sereno e più bello.




3 commenti:

  1. caro Alberto, bene hai fatto a far notare che il fascino di Renzi è già in declino.
    Alcune note personali al tuo bell'articolo: la "crisi in via di estinzione" non si estingue affatto e non si estinguerà, è divenuta depressione. È dal 2008 che i giornali main stream urlano senza pudore che "il peggio è passato". Non è vero, non ci sarà nuova crescita, la disoccupazione è a livelli spaventosi, la disperazione non prende i colori della protesta perché ancora le pensioni dei genitori sfama. La crisi (non tale per tutti, certamente) è un background costante che credo spieghi parte importante dell'astensione crescente.
    Una cosa che noto con malinconia è vedere che la sofferenza dei giovani, dei precari, di chi espulso dal mondo del lavoro, di chi non ha reddito sufficiente non ha una degna narrazione (tanto per usare un termine che detesto sentendolo sempre in bocca ai sinistri sinitrati). Avverto un mugugno sociale, un lamento flebile, una depressione diffusa, ma credo che la sofferenza sia tale da poter essere espressa solo da un altissimo grido. Che ancora non odo.
    Credo che la sinistra a venire (ammesso debba chiamarsi ancora così) non dovrà essere placida, spero sia sapiente e concreta, ma deve saper dare risposta all'urlo trattenuto perché questo non diventi ribellismo come vediamo nelle periferie francesi e statunitensi, ma che sappia essere all'altezza dell'estremismo feroce di questo liberismo che sta chiaramente sfociando in forme di totalitarismo.
    Una sinistra concreta dovrebbe cominciare a dare risposte percorribili, ma incisive e radicali, per redistribuire ricchezza come provvedimento d'urgenza; a proporre modi di convivenza, strutture sociali che siano diversi dai goffi tentativi del XX secolo.
    Non mi pare che la proposta di SI (il buon Tommaso Fattori) sia all'altezza di questa sfida. Essersi portato dietro la zavorra dai partitini della defunta sinistra radicale non fa bene, ti porta un po' di voti nell'immediato, ma non vede che sono voti in fuga verso grillini, lega e astensionismo. In Italia questa (ex) area politica pensa ancora siano possibili patti sociali e politici che mitighino la spietatezza di questo capitalismo; è un errore funesto, lo stiamo pagando da oltre un decennio.
    In Italia abbiamo i 5 stelle; sono una risposta assolutamente insufficiente al momento, ma è sintomatico che il loro successo sia dovuto alla radicalità con cui si sono espressi (i famosi vaffa' che benissimo denotano un diffuso sentire sociale) anche se non è corrisposta altrettanta radicalità politica, ma solo sterile e illusorio isolazionismo.
    Infine ti confesso una cosa che mi irrita profondamente in tanta sinistra saccente e insulsa: il loro detestare e/o guardare dall'alto questo fenomeno del grillismo. Questo strano movimento, nato davvero dal basso checché se ne dica, è figlio della loro pochezza e del loro fallimento. Indubbiamente non è e non sarà la soluzione al disastro che viviamo, ma a degli occhi attenti potrebbe essere lo specchio in cui vedere i propri profondi errori e trovare risposte all'altezza dei tempi.
    In questo disastro, anche elettorale, vedo la Lega al 15% in Toscana. Pensiamoci.
    Un saluto conscio di essere un brontolone che non ha però soluzioni.
    Tiziano Cardosi

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  2. Cari Alberto e Tiziano,
    ho letto entrambi i commenti, potrei dire che concordo con entrambi. Questo tuttavia non dirada il mio pessimismo, il mio giudizio che questo paese fa davvero schifo (diaciamo pena con un termine più civile ma non più tenero) e che temo che non abbia futuro: per la gente, e non per i politici, che riflettono solo la mentalità della gente. Con lo sfascio in corso (e questa volta è la sola parola adeguata) non si vede una reazione degna di questo nome. Dovrebbe esserci una ribellione collettiva, forse violenta. Inutile richiamare la Grecia e la Spagna, qui non si delinea nulla di paragonabile. E ancora una volta la colpa non è dei politici - che fanno veramente pena - ma della gente, della mentalità marcia che si è imposta in questo paese negli ultimi decenni. Avete letto il servizio del Manifesto di giovedì 28 sul rapporto dell'OCSE? Lo trovate in . Mentre noi disquisiamo sulla disaffezione degli elettori o le percentuali, il paese sprofonda letteralmente nell'analfabetismo, l'ignoranza nella matematica elementare (puntualmente verificato insegnando), l'abbandono scolastico record, i ragazzi "not in education, emplyement, or training", ecc., fanalino di coda dei paesi OCSE. Un degrado come questo non si recupera in una generazione, forse non basterà un secolo, anche se si cominciasse subito (e i segnali sono opposti). Un quadro drammatico, tragico, di fronte al quale non si delinea neppure una reazione degna di questo nome. Allora, dobbiamo felicitarci per i cittadini che disertano le urne? Occorreva essere aquile pèer capire che Renzi è un venditore di fumo? Ma è MOLTO peggio: portatore (su commissione di Napolitano) di un progetto totalitario, neanche tanto strisciante. Non ho pasole. So bene di essere il solito pessimista, potrei essere considerato disfattista, ma sapete che finchè ho potuto mi sono sempre impegnato in prima persona. E ora temo proprio che non mi rimarrà il tempo nemmeno per vedere spuntare l'embrione di una reazione efficace.
    Anch'io mi congedo sapendo di essere un brontolone. Grazie, un abbraccio
    Angelo Baracca

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  3. Cari Angelo e Tiziano,
    avete sollevato questioni troppo grosse per una risposta degna, ma pure una risposta vi devo.
    Sarò telegrafico su alcuni punti precisi.
    A Tiziano: nessuno è profeta, ma la mia impressione è che questa crisi, nel senso tecnico della parola (mancata crescita del Pil), stia volgendo al termine. Ci sono tutti i segni. Il senso non tecnico di cui parla Angelo è un'altra storia.
    La sinistra che sogno la voglio placida perché non la voglio né violenta né lagnosa. Al tempo stesso la voglio molto audace e soprattutto sapiente, perché oggi il problema più arduo è riuscire a decifrare il presente, cosa indispensabile per poter progettare un futuro migliore. L'operazione di Toscana a sinistra avrà avuto molti punti deboli, ma può essere un primo passo, come ha detto ieri Tommaso (e il fatto che abbia indicato nella finanza sregolata una questione di primo piano è per me positivo e non tanto scontato).
    Infine su Grillo: sono d'accordo nel biasimare la spocchiosa sufficienza di tanta sinistra al suo riguardo. Senza televisioni e senza poteri forti ad appoggiarli, i Cinquestelle hanno fatto un miracolo: ai miei occhi questo dimostra che la democrazia esiste, nonostante tutti i suoi attuali difetti. Mi disturba moltissimo, però, vedere annegare un'occasione così grossa in un pantano di insipienza politica.
    Ad Angelo: sai già che non sono tanto d'accordo sul tuo giudizio su “gente” e politici. Per me oggigiorno il mondo dei palazzi, romani e locali, ha una mentalità diffusa che è peggiore del generale sentire della gente. Ma questo è un problema antropologico, su cui capisco bene che si possano avere esperienze e percezioni diverse.
    Quanto al progetto di Renzi, credo che non sia altro che un progetto americano: un sistema sostanzialmente monopartitico, in cui le due fazioni che si fingono avverse concordano su quasi tutto e si accapigliano sui dettagli, mentre occupano tutto il potere impedendo l'emergere di qualsiasi opzione alternativa. E' una forma di neo-autoritarismo che, a mio parere, in America è destinata prima o poi a tramontare, perché quel paese conserva pur sempre al suo interno potenti energie positive, ma che, trapiantata in Italia, scaverebbe la fossa al paese.
    Infine, a tutti e due: non sono così pessimista come voi. Non è detto, caro Angelo, che tu non faccia in tempo a vedere la fine di questa nottata.

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