Il vertice europeo di Bruxelles del 28 e 29 giugno sarà certamente ricordato a lungo per la spettacolare concatenazione di avvenimenti che lo ha segnato: il carattere decisivo, quasi epocale, conferito all’incontro dalla presa di posizione di Monti, che ha messo al centro quello che davvero più conta, ossia (come da mesi sosteniamo in questo blog) l’intervento europeo sui tassi d’interesse; le aspettative di naufragio del vertice, drammatizzate dalla ripida ascesa degli spread nei giorni precedenti, generate dai caparbi rifiuti di Angela Merkel; l’intreccio con un incontro di calcio caricato di emozioni proprio dalla sua coincidenza con quegli eventi; le aspettative di sconfitta dell’Italia contro una Germania reduce dalla vittoria proprio contro la Grecia , capro espiatorio e vittima sacrificale del titanico scontro in atto sulla scena dei mercati e degli stati; e poi la vittoria della nazionale italiana a Varsavia, segnata dai boati di esultanza rimbombanti per tutta l’Europa mediterranea, proprio negli istanti più decisivi del vertice politico; quindi, alle prime luci dell’alba, il presunto cedimento tedesco sul fronte del muro anti-spread; e infine, al mattino del nuovo giorno, la caduta verticale degli spread e l’esplosione del toro rialzista su tutte le borse d’Europa.
Una bella favola a lieto fine? La luce all’uscita dal tunnel di quest’incubo finanziario che incombe sull’Europa e sul mondo?
Purtroppo c’è da dubitarne. Solo dopo l’incontro dei ministri finanziari fissato per il 9 luglio si potrà capire la reale portata e le prospettive di efficacia delle misure decise a Bruxelles. Ma se si guarda in concreto a quanto è successo finora, al di là del fumus mediatico che, una volta tanto, ha messo il vento in poppa all’Italia, le ragioni di giubilo sono davvero poche.
A fronte di tutti questi rifiuti, che cosa ha concesso l’ineffabile Signora del Nein? In buona sostanza, tre contentini.
Sul fronte del “muro anti-spread”: 1) che i già previsti acquisti di titoli di stato da parte dell’Esm non siano più subordinati all’intervento del Fondo Monetario Internazionale, ma solo ad un protocollo d’intesa con le autorità europee, la cui esatta natura resta tutta da definire; 2) che la Bce funga da “agente” dell’Esm nell’acquisto di titoli di stato, una misura potenzialmente di notevole rilevanza pratica, la cui esatta portata resta però anch’essa tutta da definire. Come “muro anti-spread”, francamente, questa è una parete di carta finché le disponibilità dell’Esm resteranno, come sono, del tutto inadeguate a fronteggiare la speculazione internazionale e non saranno integrate dalla potenziale creazione di moneta a questo scopo da parte della Bce.
Sul fronte delle crisi bancarie: 3) la ricapitalizzazione diretta dell’Esm a favore delle banche (ammesso che ne abbia i mezzi). Questo sarebbe un discreto passo avanti rispetto al delirante meccanismo attuale, con il quale, per aiutare gli stati si passa attraverso le banche (con l’Ltro), mettendole a rischio di fallimento infarcendole di titoli di stato in pericolo, mentre per aiutare le banche si passa attraverso gli stati, mettendoli a rischio di fallimento per salvare le banche in pericolo a causa dei loro crediti in pericolo verso gli stati in pericolo.
Sarebbe un passo avanti. Peccato che questa misura non abbia un effetto immediato, ma sia subordinata alla realizzazione di un sistema di vigilanza bancaria comune che potrebbe richiedere un paio d’anni di tempo per concretizzarsi. Un sistema che, peraltro, la Germania aveva auspicato da oltre dieci anni, senza mai riuscire a ottenerlo.
Che cosa è successo, in sostanza? Che la Germania ha ottenuto finalmente di poter esercitare, fra qualche tempo, il suo controllo su tutte le banche d’Europa, in cambio di una smitragliata di Nein e tre contentini che nessuno sa quanto potranno valere. Il resto, dal pacchetto per la crescita alla road map per l’unione fiscale, è fuffa.
Detto questo, non vogliamo essere pessimisti, né vogliamo sminuire i meriti di Monti, che, in questo frangente, ha fatto circa il meglio che si potesse fare in queste condizioni. Può darsi che dall’Ecofin del 9 luglio emergano novità sostanziali, che l’esplosione al rialzo di venerdì scorso non si riveli un effimero fuoco di paglia, che questo sia l’inizio della fine di quest’incubo. Ce lo auguriamo di tutto cuore.
Ma purtroppo non è la cosa più probabile. Perché non sembra proprio che la Germania abbia cambiato indirizzo. Come prima, ha continuato a rifiutare tutte le misura che senza alcun costo a suo carico, potrebbero salvare la situazione.
E perché lo fa? Per badare al suo interesse? Per l’atavico spirito teutonico che la ispira al rigore? Per l’etica protestante che le chiede di punire chi pecca? Per la voglia di dominare sull’Europa?
Forse c’è un po’ di tutto ciò. Ma quello che pesa di più è che ha gli occhi accecati. Ha gli occhi accecati da un’ideologia. E quest’ideologia è il neoliberismo, questa infame degenerazione del capitalismo che ha creato quel grandioso meccanismo dei mercati finanziari che adesso consente alla Strega del Nein di tenere tutta Europa sotto scacco con la sua inqualificabile arroganza. Finché quell’ideologia non sarà tramontata per sempre, forse riusciremo comunque a passare questo guado, ma non ci sarà serenità in questo continente, non ci sarà serenità nel mondo.
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