sabato 2 giugno 2012

Siria: la pace fra gli oppressi, la guerra agli oppressor?

E’ uscito in questi giorni un importante appello sulla situazione siriana, firmato da un lungo elenco di rispettabili arabisti e studiosi del Medio Oriente, che condannano senza remissione il regime di Assad, invitano a diffidare di quanti in Italia esprimono dubbi sulla “rivoluzione siriana” e dichiarano il proprio sostegno senza riserve all’azione degli insorti.
Riteniamo che quest’appello meriti grande attenzione, poiché proviene da persone sicuramente ben intenzionate e che si ritengono ben informate sui fatti.
Lo riportiamo pertanto integralmente, accompagnandolo alle nostre osservazioni su quanto riteniamo condivisibile e sulle ragioni per cui non ce la sentiamo di aderirvi.
Quella che riportiamo è la versione sintetica dell’appello, che è stata fatta circolare fra i firmatari. Ad essa si accompagna una versione più ampia, intitolata “Gli argomenti dell’appello”, in cui le sue tesi sono argomentate in modo un po’ più esauriente. Poiché ci si avverte, tuttavia, che quest’ultima versione non è stata fatta circolare fra i sottoscrittori, non possiamo attribuirne ad essi il contenuto e ci atterremo pertanto a quella abbreviata.
A partire dal 5 giugno, abbiamo aggiunto alle nostre osservazioni alcune note di altri esponenti della galassia pacifista.

Siria. Basta col sostegno alla repressione

Con questo appello ci dissociamo e condanniamo la posizione e il tipo di copertura mediatica che molti movimenti e testate giornalistiche italiane – da alcune d’ispirazione pacifista e anti-imperialista a quelle vicine ad alcuni ambienti cattolici o filo-israeliani – dimostrano nei confronti della rivoluzione in Siria.
Molti di questi attori continuano a offrire un resoconto distorto degli eventi in corso, sostenendo che la rivolta è guidata dall’esterno, dunque non autentica, mettendone in dubbio il fondamento pacifico e sostenendo di fatto la brutale repressione da parte del regime di Bashar al Asad.

Io non ho sentito molti sostenere che la rivolta sia guidata dall’esterno. Sarebbe difficile pretenderlo, poiché è abbastanza chiaro che la rivolta non è veramente guidata da nessuno. L’opposizione siriana è formata da un fronte molto eteroclito di forze che non risultano per nulla omogenee e concordi. Il Consiglio Nazionale Siriano, che pretende di guidarla, è notoriamente composto da siriani all’estero, attualmente divisi da profonde lacerazioni, che si appoggiano ad una galassia di organizzazioni operanti nel paese, in parte armate e in parte no, che non sembrano, per il momento, prendere ordini da un unico centro. Altra cosa è sostenere che la rivolta è appoggiata da forze e governi stranieri, cosa che è sotto gli occhi di tutti e che è del resto riconosciuta nella versione estesa, dove si ammette che “la pressione di attori esterni diventa sempre più rilevante giorno dopo giorno”.
In secondo luogo, il testo sembra implicare che a mettere in dubbio “il fondamento pacifico” della rivolta, si sostiene di fatto la brutale repressione di Assad. Ma, se è vero che la ribellione nacque in origine pacificamente e senza armi, oggi è difficile non mettere in dubbio quel carattere pacifico davanti alla “deriva militare” che il documento stesso menziona più avanti. Negli ultimi mesi, le componenti più oltranziste della ribellione, che hanno ormai nelle mani larghe aree del paese, si sono lasciate andare ad atti di violenza sfrenati e spaventosi, anche nei confronti di civili, donne e bambini, che non si possono passare sotto silenzio. Riconoscere questi dati di fatto non significa per nulla “sostenere la brutale repressione”, ma semplicemente attenersi alla verità.

Lorenzo Galbiati: Quali sono le testate giornalistiche di ispirazione pacifista e antimperialista a cui vi riferite? I nomi, grazie.
La rivolta armata ossia il Libero Esercito Siriano e il CNS sono guidati dall’esterno. Il CNS si è formato all’esterno della Siria, è guidato da un siriano francese che ha abbandonato il CSCD dopo aver avuto contatti con il Qatar. IL LES in pratica non esiste, è un insieme di formazioni, molte delle quali guidate dall’esterno e facenti capo a un generale residente in Truchia. La rivolta pacifica è un’altra cosa, è quella sostenuta dal CSCD, che ribadisce appunto quanto appena scritto da me, ossia che il CNS e il LES, ossia i sostenitori della rivolta armata sono in gran parte guidati dall’esterno. Non fare distinzione tra rivolta pacifica e rivolta armata è un atteggiamento mistificatorio.

Usano categorie che appartengono a una logica capovolta: diventa “laico” un regime clanico e che da decenni esercita il potere sfruttando le divisioni comunitarie; diventa “terrorismo” la resistenza a una repressione feroce del dissenso.
In modo altrettanto grave, questi sostenitori del regime di Damasco ignorano o fanno finta di ignorare i numerosi e drammatici episodi di dissenso interno contro il regime degli al Asad da quarant’anni ad oggi, considerando nella loro analisi solo gli eventi post-15 marzo 2011.

Quanto sia stato “laico” il regime di Assad è questione di opinione, mentre è opinione tipicamente occidentale che un governo vada bene solo se è “laico”; l’uso della parola “terrorismo”, poi, è una retorica da cui qualsiasi persona onesta dovrebbe rifuggire, dopo aver visto troppi “combattenti della libertà” diventare terroristi (vedi Bin Laden) e viceversa (come l’Uck kossovaro o il libico Belhadj). Chi sia che finge di ignorare i pregressi misfatti degli Assad, non lo so.

Lorenzo Galbiati: Il LES pratica il terrorismo verso i civili in vaste zone della Siria specie contro sciiti e cristiani, essendo in gran parte composto da sunniti. Peccato che siate disinformati. Il CNS è composto in gran parte dai Fratelli Musulmani. Il CSCD è un organismo democratico e laico. E chi sarebbero i sostenitori del regime di Damasco a cui alludete?

I firmatari di questo appello sostengono che:

1)    La rivoluzione siriana è spontanea e di natura popolare, nata sulla scia delle altre rivolte arabe.

Questa non è un’affermazione infondata, se riferita all’origine della rivolta.

Lorenzo Galbiati: Questo all’inizio, quando Borhan Ghoulium stava ancora con il CSCD. Poi con il LES e la formazione del CNS, la richiesta di invio di armi dall’estero e il loro arrivo, l’arrivo dei libici, l’arrivo di tecnici arabi e del Qatar e della Francia, la rivolta armata è diventata etero diretta.

2)    Il regime siriano è non solo corrotto, ma le politiche pseudo-liberiste che ha portato avanti negli ultimi anni hanno favorito le élites vicine agli al Asad, allargando drammaticamente la forbice tra ricchi e poveri: la rivoluzione nasce prima di tutto dalla richiesta di redistribuzione della ricchezza e di giustizia sociale.

Non c’è ragione di dubitare che il regime siriano sia corrotto, ma è difficile sostenere che, nel contesto del Medio Oriente, questo sia un suo carattere distintivo. Quanto al neoliberismo, non è certo Assad ad averlo inventato e se questo bastasse a giustificare una rivolta armata, tutta l’Europa dovrebbe essere in fiamme. I sottoscrittori dovrebbero spiegare come farebbero i ribelli, una volta arrivati al potere, a sottrarsi all’imposizione coatta di politiche neoliberiste che è in atto in tutto il mondo. Se, infine, la richiesta concorde dei ribelli fosse la redistribuzione della ricchezza e la giustizia sociale, sarebbe davvero bellissimo, ma purtroppo c’è da temere che questo sia solo un pio auspicio dei sottoscrittori.

Lorenzo Galbiati: Siamo d’accordo.

3)    Non esiste un complotto straniero contro il regime siriano che dalla fine della Guerra Fredda assicura invece stabilità alla regione – in particolare al Medio Oriente post-11/9 – ed è stato per anni un interlocutore importante per gli Stati Uniti.

Certamente il regime degli Assad ha assicurato stabilità alla regione ed è stato un “interlocutore” degli Stati Uniti. Ma tutti sanno che non era un governo dipendente dagli Stati Uniti, come era, ed è ancora, quello egiziano, o, che so, quello giordano. Tutti sanno che la Siria è legata più alla Russia che agli americani, e che i due paesi in questo momento non sono esattamente alleati. Che non ci siano potenze straniere interessate a vedere la fine di Assad è una tesi quanto meno ardita. I sottoscrittori non si sono accorti che esiste un gruppo di “amici della Siria”?

Lorenzo Galbiati: Arabia e Qatar vogliono fare cadere quel regime e instaurare un regime islamico.

Marinella Correggia: E' surreale che gli arabisti scrivano che non c'è mano esterna nella rivolta! quando Qatar e Arabia Saudita lo rivendicano!

4)    Non è vero che ci sia una campagna mediatica contro il regime di Bashar al Asad. Pur ammettendo ingenuità o esagerazioni da parte dagli attivisti anti-regime, le fonti credibili esistono e sono numerose. La scelta di non lasciar lavorare liberamente i giornalisti nel Paese ricade completamente sul regime. Molti di coloro che affermano che le fonti degli attivisti siano false e artefatte, spesso non conoscono l’arabo e basano dunque le proprie valutazioni sulla lettura di fonti secondarie in lingue occidentali, tradendo uno dei principi fondamentali del giornalismo e della ricerca.

Qui abbiamo un insieme di affermazioni eterogenee. E’ vero che non c’è stata, per il momento, una campagna mediatica sulla Siria paragonabile a quelle che abbiamo visto per la Libia o l’Iraq. Nel post “Siria: la grande notizia”, ho sostenuto su questo blog che ciò è dovuto al fatto che, per il momento, è prevalsa in Occidente la volontà di non scatenare una guerra aperta contro Assad. Ma non si può ignorare il fatto che larga parte dell’informazione dei media occidentali è provenuta da un’unica fonte, l’”Osservatorio per i diritti umani in Siria”, che non si è rivelata particolarmente affidabile. Le numerose “fonti credibili” a cui hanno avuto accesso i sottoscrittori non sono, evidentemente, quelle a cui hanno attinto la maggior parte dei media mainstream. E’ certamente responsabilità di Assad aver tenuto fuori dal paese la maggior parte dei giornalisti, e forse qui la sua politica avrebbe potuto essere meno rozza. Ma non è questa la più grave delle sue responsabilità.

Lorenzo Galbiati: O siete ciechi o non avete gli strumenti per vedere quando è in atto una campagna mediatica contro un regime. Le notizie di stragi che sarebbero state opera del regime, diffuse senza conferma sono state in numero enorme da parte di giornali e tv. Ricordo solo le bufale dei bambini uccisi nelle incubatrici dal regime appena nati, del gas nervino a Homs, delle migliaia di profughi in esodo verso la Turchia e delle prime autobombe di Damasco (queste ultime opera da jihadisti o Alqaeda). Ad ascoltare il CNS se scoppiasse una autobomba sotto il palazzo di Assad sarebbe Assad a metterla. Inoltre, i guerriglieri del LES sono chiamati “attivisti” e vengono presi come cronisti di guerra. Questo da parte di quasi tutti i giornali e le tivù. Non si era mai visto che una parte armata in campo venisse usata come cronista di guerra da tv di stato e fatta passare per attivisti, parola che normalmente indica una persona che lotta con metodi nonviolenti per i diritti umani. Ma evidentemente voi non sapete cosa sia una guerra mediatica. Inoltre vengono sistematicamente nascoste tutte le stragi, le uccisioni, i rapimenti, le torture compiute dal LES. Prima si trovavano solo su internet, poi hanno cominciato a spuntare su alcuni giornali, in tv quasi nulla. Per inciso il CSCD denuncia questi crimini. Voi no, non ne fate parola. Potrei fornirvi decine di link.

5)    I principali valori in nome dei quali la rivoluzione è portata avanti non sono di natura strettamente religiosa: libertà, dignità, giustizia sociale, rispetto dei diritti umani, trasparenza nella politica. Pertanto la rivoluzione siriana non è un’insurrezione dei sunniti contro alawiti e cristiani, i quali spesso invece sono dissidenti ed attivisti e, per questo, ancora più perseguitati. È stato il regime che fin dall’inizio – confermando l’antica strategia del divide et impera – ha strumentalizzato le divisioni etnico-comunitarie ed evitato un autentico dialogo nazionale. Gruppi religiosi estremisti nell’ambito della rivolta esistono, ma rappresentano un’esigua minoranza.

Sono convinto, e soprattutto voglio sperare, che molta parte dell’opposizione siriana sia animata dal desiderio di libertà, dignità, trasparenza e rispetto per i diritti umani, cosa che non contrasta necessariamente con un’ispirazione religiosa. La Siria è un paese istruito e molto civile. Ricordo tuttavia che lo stesso si diceva, per esempio, della Libia, dove le cose per il momento, non sono andate esattamente così, come si può vedere dall’appello “Affinché non succeda mai più” pubblicato di recente in questo blog. Purtroppo, ci sono ragioni per temere che qualcosa di simile possa avvenire in Siria, perché quando si viene alle armi, i più estremisti e forsennati, anche se in esigua minoranza, finiscono spesso per prendere il sopravvento.

Lorenzo Galbiati: Di nuovo non distinguete la rivolta pacifica da quella armata, il CSCD da CNS/LES.

6)    La deriva militare della rivolta è il risultato della brutale repressione del regime contro un movimento rimasto pacifico per lunghi mesi e che continua a esser tale in numerose località e città. La tesi secondo cui i gruppi dell’Esercito libero siano pesantemente armati da potenze straniere contrasta in modo lampante con l’incapacità dei ribelli di sostenere confronti armati aperti con i governativi. Nonostante gli atti ingiustificati di violenza da parte dei ribelli armati, le differenze tra i due schieramenti sul piano dei crimini commessi sono enormi: i numeri contano.

Questo è il punto cruciale del documento: la brutale repressione del regime giustifica la presa delle armi da parte dell’opposizione. Ebbene, sono convinto dell’esatto contrario. Non si tratta di applicare Gandhi ad un contesto estraneo, come si accenna nella versione estesa del testo. Si tratta semplicemente di riconoscere che, nelle attuali circostanze storiche, un movimento che prende le armi rinuncia per ciò stesso a far valere la forza della ragione, a guadagnarsi il sostegno della maggioranza con il vigore della sua indignazione, e si affida all’arbitrio della violenza, costringendo di fatto il governo a cui si oppone a reagire con la forza. Nessuno può pretendere che qualsiasi governo resti inerte davanti al ricorso alle armi. Questo non giustifica certamente gli atti di brutalità che certamente hanno commesso le forze governative, ma non giustifica nemmeno quelli dei ribelli. Io non riesco a credere fino in fondo al buon Gregorio III Laham, patriarca di Antiochia e massima autorità cattolica di Damasco, che proprio ieri ha dichiarato solennemente: “A nome anche degli altri vescovi siriani, posso affermare che non è mai avvenuto che una manifestazione disarmata fosse attaccata dall’Esercito. Il governo non attacca se non è attaccato”. Ma non posso nemmeno apprezzare l’intento di chiudere un occhio sugli “atti ingiustificati di violenza” dei ribelli. Né so su cosa si basi l’affermazione che “le differenze sul piano dei crimini commessi sono enormi”. Se i numeri contano, vorrei sapere quali numeri siano in grado di dirci quanti degli oltre diecimila morti di cui si parla sono stati civili disarmati, quanti di questi (di certo non pochi) sono stati uccisi dai ribelli, quanti da militari e polizie, quanti dei morti erano ribelli in armi e quanti forze armate del governo. C’è davvero qualcuno che è in grado di stabilirlo? Ed è davvero così decisivo questo conto? Non sarebbe meglio riconoscere che è ora di mettere fine alla carneficina, chiunque ne sia responsabile, piuttosto che alimentarla appoggiando senza riserve una delle parti in causa?
Sostenere poi che il Free Syrian Army non è armato ed equipaggiato da potenze straniere è davvero contrario ad ogni evidenza. Un’intera nave carica di armi per la Siria provenienti dalla Libia è stata intercettata poco tempo fa dalle autorità libanesi e il Dipartimento di Stato americano ha annunciato apertamente l’intento di armare i ribelli. Il gruppo di “amici della Siria” sostiene e finanzia il Cns, che a sua volta sostiene e finanzia il Free Syrian Army. Non è un mistero che “consiglieri” francesi e di altri paesi occidentali sono presenti fra i ribelli. La presunta “incapacità dei ribelli di sostenere confronti armati”, poi, è pura immaginazione. Tutti sanno che ci sono ampie zone del paese in cui i militari governativi non si avventurano per evitare lo scontro. Perché fingere di ignorare tutto questo?

Lorenzo Galbiati: La repressione a opera del regime della rivolta pacifica è stata brutale, ha favorito il fenomeno dei disertori e della insurrezione armata. Il LES è armato dall’estero, e lo sapete, che abbia meno armi pesanti dell’esercito è un altro conto. I numeri, se contano, non dovrebbero essere dati da una parte in guerra. La verità è che sapete anche voi la percentuale di soldati regolari uccisi dal Les è di varie migliaia, e ad essi si aggiungono i molti civili. Che le persone uccise dal regime, guerriglieri o civili, sian di più non significa che siano tanti di più: l’ordine di grandezza è sempre quello di qualche migliaia. Non parliamo quindi di un rapporto 1/1000, tra persone uccise dal Les e persone uccise dal regime, che sarebbe sì trascurabile, ma di un rapporto verosimilmente maggiore di 1/10, forse intorno a 1/5.

7)    Non siamo a favore di un intervento militare in Siria. La polemica intorno a questo punto, tuttavia, rappresenta un argomento inutile e strumentale, essendo evidente che nessuna potenza straniera occidentale sia intenzionata a intervenire militarmente a sostegno della rivoluzione.

Fa piacere che i firmatari non siano a favore di un intervento, anche se, a questo punto, non si capisce bene perché. Ma non mi sembra così evidente che nessuna potenza occidentale abbia intenzione di intervenire. Purtroppo.

Marinella Correggia: Mi ricorda Immanuel Wallerstein il giorno prima della decisione circa la no-fly zone sulla Libia e due giorni prima l'avvio dei bombardamenti: scrisse con sicumera "non ci sarà nessuna no-fly zone sulla Libia" e anche che Chavez che si opponeva a interventi armati e ingerenze bellicose, era praticamente un povero deficiente. L'articolo uscì il giorno della no-fly zone.
Lorenzo Galbiati: Che nessuna potenza straniera sia intenzionata a intervenire, è da vedere. Siete a favore di che cosa? Non menzionate mai i rivoluzionari pacifici per distinguerli da quelli armati, quindi la vostra posizione è ambigua. Sembra solo essere contraria al pacifismo.

8)    Le considerazioni di tipo geopolitico sul futuro della Siria sono doverose, ma non possono servire da pretesto per un rimescolamento delle responsabilità e un capovolgimento di ruolo tra oppressore e oppresso. La condanna delle pratiche del regime e la solidarietà ai resistenti dovrebbero invece costituire la precondizione per discutere scenari futuri e negoziare le modalità di uscita dalla crisi.

Lorenzo Galbiati: La solidarietà a quali resistenti? A quelli armati o pacifici, al CNS o al CSCD? Possibile che non capiate che non si possono intorbidare così tanto le acque? Che il CNS e il Les premono per un intervento ONU e per far fallire il piano di Annan mentre il CSCD vuole farlo funzionare e non avere ingerenze esterne? La condanna delle pratiche di violenza, da parte di tutte le forze in campo, regime e Les, sono da condannare, sempre, specie se rivolte a colpire vittime civili. Questa è la precondizione per discutere dei futuri scenari politici. La condanna di una sola delle parti in campo armate equivale a sostenere i crimini dell’altra, che vi piaccia o no. E finché non ammettete anche i crimini del Les e dei rivoltosi armati, non ci sarà da negoziare nessuna uscita dalla crisi perché questo significa sostenere una parte armata che è il terrore per moltissime minoranze non sunnite in Siria, quelle che sono scappate da Homs, quelle cristiane che più volte hanno denunciato i loro crimini, e che pur di salvarsi la vita chiedono la presenza dell’esercito di Assad. Che si condannino le violenze, prima quella di regime, poi quella del LES e che poi si dia voce ai rivoluzionari armati come quelli del CSCD. Il vostro appello, così com’è, confonde le acque, sembra fermo a 6 mesi fa quando si negava ci fosse una opposizione armata che commette crimini, e si identificava tutta l’opposizione con una opposizione pacifica. E non permette di poter dare nessuno spunto, nessuna risposta, non indica nessuna via. Si limita a dare la colpa di tutto ad Assad. Una analisi sterile che pare avere come obiettivo unicamente un non ben precisato mondo pacifista.

A. C.: Non so quali siano esattamente le considerazioni geopolitiche sul futuro della Siria che gli estensori ritengono “doverose”. Ma so che la nobile idea della “pace fra gli oppressi, la guerra agli oppressor” ha già dato a sufficienza i suoi frutti velenosi e malati, soprattutto quando gli oppressi si alleano con altri oppressori e finiscono per diventarne lo strumento, quando non oppressori essi stessi. Questo rischio è tutt’altro che assente sul martoriato territorio della Siria.
Vale la pena, a questo proposito dare un’occhiata a questa testimonianza, risalente ai primi di aprile 2012. Anche se in una lingua occidentale, non è una “fonte secondaria”. Proviene da Madre Agnès Mariam de la Croix, suora cattolica residente a Qara.
La considero particolarmente attendibile, perché si apre con queste parole:

Più di trecento famiglie sunnite di Bab Amro [centro in mano ai ribelli appena riconquistato dall’esercito siriano] sono rifugiate nel villaggio [di Qara] ed aiutate dai membri locali dell'opposizione. Anche noi facciamo quello che possiamo per aiutarli. Io sono intervenuta personalmente per la liberazione di 70 militanti incarcerati dopo il passaggio dell'esercito siriano dal nostro villaggio. Ho espresso alta e forte la mia disapprovazione per i metodi impiegati contro certi prigionieri che sono stati maltrattati per far loro confessare dei presunti crimini legati al terrorismo delle bande armate. Noi abbiamo dichiarato il nostro monastero aperto per ricevere i profughi ed i sinistrati.

Ed ecco come prosegue:

A Homs, città di un milione di abitanti, i due terzi della popolazione sono fuggiti. Più del 90% dei Cristiani sono fuggiti, spesso senza avere il tempo di portare nulla con sé. Centinaia di famiglie cristiane hanno abbandonato Homs e la sua provincia. […]
Perchè diciamo che la gente è stata “costretta” a partire? Perchè progressivamente, ma efficacemente le fazioni armate dell'opposizione siriana hanno operato quella che può essere definita una “redistribuzione demografica”. Grazie ai franchi tiratori e ad atti di aggressione criminale hanno terrorizzato la popolazione civile non gradita: le minoranze alauita, cristiana, sciita ed anche molti sunniti moderati che non hanno voluto partecipare alle attività dei ribelli. Non è un genocidio massiccio, ma una liquidazione lenta.
A partire da agosto 2011 e più particolarmente da novembre, quando abbiamo potuto verificare la situazione con i nostri occhi, visitando Homs e Kusayr, noi abbiamo informazioni sicure e verificate di atti di barbarie contro la popolazione civile per obbligarla a desistere dalla normale vita civica e paralizzare le Istituzioni e lo Stato.
Dall'inizio dell'anno si sono registrati ripetuti atti di sabotaggio contro gli edifici scolastici, rapimenti di insegnanti e professori, minacce agli studenti e incendi e bombardamenti contro le scuole. Questo ha portato alla progressiva chiusura di tutte le scuole di ogni ordine e grado.
Le minoranze che vivono nei quartieri dove agiscono le bande affiliate all'opposizione siriana sono il bersaglio permanente di ogni vessazione: i loro beni sono saccheggiati, le vetture requisite, molti di loro sono presi in ostaggio solo per il fatto di appartenere ad una minoranza religiosa e non vengono rilasciati se non con il pagamento di un riscatto (fatto che ha provocato il fenomeno dei contro-rapimenti, con trattative per la liberazione degli ostaggi).
In particolare tutti i protagonisti della vita civile sono diventati un bersaglio privilegiato del terrorismo camuffato da resistenza armata: conducenti di taxi, mercanti ambulanti, portalettere, e soprattutto funzionari dell'amministrazione civile sono le vittime innocenti di atti che hanno superato il semplice assassinio per assumere gli aspetti più barbari del crimine gratuito: persone sgozzate, mutilate, sventrate, fatte a pezzi e gettate agli angoli delle strade o nell'immondizia. Non si è esitato a sparare su dei bambini per diffondere la disperazione come è stato nel caso del piccolo Sari, nipote del nostro tagliatore di pietre. Questi atti atroci sono stati sfruttati mediaticamente per attribuirne la responsabilità alle forze del Governo.
Noi stessi abbiamo potuto vedere come funziona questo stratagemma in occasione di una visita a Homs. Quel giorno abbiamo potuto contare almeno cento cadaveri arrivati all'ospedale, vittime dell'accanimento gratuito delle bande armate affiliate all'opposizione. Passando per via Wadi Sayeh abbiamo notato una vettura bruciata. Un uomo era stato appena preso di mira dalle bande armate perchè si era rifiutato di chiudere il suo negozio. La sua autovettura era stata fatta esplodere e lui letteralmente fatto a pezzi e gettato davanti alla saracinesca del suo negozio. Nel momento in cui noi siamo passati si erano radunati dei passanti. Ne abbiamo visti molti riprendere la scena con i loro telefonini. Mentre filmavano ne abbiamo sentito uno registrare queste parole indirizzate ad una catena satellitare: “ecco cosa devono sopportare i cittadini siriani da parte degli squadroni della morte di Bashar Assad”. Abbiamo fotografato tutto l'avvenimento e seguito le povere spoglie della vittima fino all'ospedale.

Che ci sia qualche somiglianza col massacro di Hula?



2 commenti:

  1. SECONDA PARTE
    uarto, lei ci dice che non si capisce bene perché a questo punto siamo contro l'intervento militare. Siamo contro l'intervento militare perché siamo convinti che peggiorerebbe le cose. Semplicemente. Così come siamo contro la militarizzazione della rivolta anche se, lo ripetiamo, tale militarizzazione è una conseguenza, non la causa, della risposta violenta da parte del regime fin dal principio. Ma come detto, questo è un falso punto di discussione e tutte le prove ci dicono questo. A parte sanzioni e velate minacce, niente di più. Ma certo se dovesse divenire una guerra civile in piena regola, è chiaro che anche l'intervento armato potrebbe divenire una realtà. Ma molti (non sappiamo se anche lei) questo elemento l’hanno sbandierato fin dal primo giorno della rivolta, quindi ci sembra solo un po' ipocrita e strumentale come argomento.
    Quinto, sappiamo che esiste un gruppo "amici della Siria". Ma lei dovrebbe sapere che si è formato tardissimo e che, soprattutto, finora non ha prodotto nessun risultato tangibile. Noi siamo con coloro che la rivoluzione la stanno facendo sul campo, molti di loro li conosciamo personalmente. Ancora una volta, usare queste argomentazioni per abbandonare a se stesse tutte le altre componenti della rivolta è secondo noi imperdonabile e completamente fuorviante.

    La ringraziamo per l'attenzione e per le critiche
    Distinti Saluti
    Estella Carpi, PhD student, University of Sidney.
    Elena Chiti, arabista e traduttrice
    Enrico De Angelis, PhD sulla comunicazione politica in Siria e ricercatore presso il Cedej, Cairo.
    Jolanda Guardi, Universitat Rovira i Virgili, Terragona, Spagna.
    Caterina Pinto, arabista e traduttrice
    Lorenzo Trombetta, PhD sulla struttura del potere nella Siria degli al-Asad), studioso di Siria contemporanea.

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  2. Se lei ci fa avere una mail possiamo inviarle il testo completo in modo che lei può cancellare i commenti e fare direttamente un post se le va. Può scrivere in questo senso direttamente alla mail dell'appello (così nessuno è costretto a pubblicarle qui sopra). La ringraziamo.

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