Veramente preoccupanti le prospettive che si aprono con l'incontro di ieri fra PD e PDL in tema di riforme elettorali e costituzionali. Bersani si dichiara pronto ad aprire un negoziato con Berlusconi su tre temi: riforma elettorale; riforma costituzionale del parlamento, con abbandono del bicameralismo perfetto e riduzione del numero dei parlamentari; rafforzamento dei poteri dell'esecutivo.
In fatto di riforma elettorale, è piuttosto preoccupante che il PD insista a rifiutare il voto di preferenza e a tentare di far passare l’uninominale, come già fece Parisi col referendum mancato, per un meccanismo che restituisca agli elettori il potere di scegliere gli eletti, quando si tratta in realtà dell’esatto contrario, ossia un sistema che affida ai partiti la nomina dell’intero parlamento. Ma su questo si può ancora sperare che dalla trattativa, che è comunque inevitabile, emergano infine risultati migliori delle intenzioni di entrambe le parti in questione.
Più preoccupante è il negoziato sulla riforma del parlamento. E non per i contenuti annunciati, che sono semmai relativamente insignificanti, ma per il fatto che il PD si dichiari disposto a negoziare una revisione della Costituzione con chi ha fatto di tutto per stravolgerla, calpestarla e minare alla base i principi che ne stanno a fondamento. L’unica posizione seria in fatto di riforme costituzionali dovrebbe essere: se ne riparli quando si sarà tolto di mezzo il despota fallito che per quasi vent’anni ha minacciato la separazione dei poteri, la supremazia della legge, lo stato di diritto e gli altri cardini dell’ordinamento costituzionale.
E invece no: non solo ci si dichiara disposti a contrattare la Costituzione , ma addirittura si mette all’ordine del giorno il rafforzamento dell’esecutivo! Dimostrando di non aver proprio capito quale sia stata la vera natura del progetto neo-autoritario di Silvio Berlusconi, che per quasi vent’anni non ha fatto altro che tentare di concentrare tutto il potere nelle mani del governo, di innalzare l’esecutivo al di sopra di qualsiasi vincolo e qualsiasi controllo, ripercorrendo in senso perfettamente inverso il cammino di democratizzazione delle rivoluzioni liberali e del costituzionalismo moderno.
Le costituzioni democratiche sono nate con il preciso proposito di indebolire il potere esecutivo, di sottrarre potenza al potere, di assoggettarlo ai limiti, ai vincoli e ai controlli che impediscano l’abuso di chi ha in mano le leve del comando. Berlusconi ha dimostrato mille volte di non tollerare quei limiti e quei vincoli, e non, come crede ancora Travaglio, solo per “fare il suo interesse”, ma perché crede in un potere che sia libero dalle ingombranti pastoie della democrazia quanto quello che voleva Mussolini: ed ha dimostrato ampiamente quali abusi un simile potere può commettere.
Che un partito che si dice democratico, dopo avere per quasi vent’anni assistito a tutto questo, si dichiari pronto a negoziare con un simile figuro i poteri costituzionali del governo, è cosa veramente stupefacente. “Se son rose fioriranno”, ha detto Bersani. Dato che rose di certo non sono, questo ci lascia qualche speranza: se sono pere marce, marciranno.
N. B. Per chi non conoscesse le precedenti analisi di questo blog sul progetto politico neo-autoritario di Silvio Berlusconi, rimando al post Finito Berlusconi, finirà il berlusconismo? e a quelli precedenti ivi richiamati.
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