Ricevo da Angelo Baracca, fisico e militante antinucleare, questo commento al post precedente, che merita uno spazio a sé stante.
“Grazie Alberto per ricordarci, a tutti, queste atrocità, anche se personalmente non ne avevo bisogno per convincermi delle atrocità della guerra (ricordo le vittime dei lager, quelle dei bombardamenti atomici, quelle del Vietnam, e così via). Dovrebbe vederle la gente comune, alla quale "certe" immagini sono state mostrate con finalità ben precise, per supportare la legittimità dell'intervento della NATO, sui cui crimini di guerra (in Kosovo, in Somalia, in Afghanistan, ecc.) non ho mai nutrito il minimo dubbio. Era "nata" come un'alleanza "difensiva" (anche se era legittimo nutrire tutti i dubbi del caso), e si è trasformata - esplicitamente - nello strumento per imporre ovunque nel mondo gli interessi del capitale e dell'imperialismo occidentali.
Questo stimolo mi ispira comunque alcune considerazioni, che dalla visione dei video e dei commenti potrebbero a mio avviso risultare distorte.
E' difficile, naturalmente, essere a favore di Gheddafi, come era impossibile essere a favore di Saddam Hussein. Questo però è solo un punto di vista, bisogna superarlo per acquisire un'ottica diversa. Ricordo sempre il famoso Candide di Voltaire, che messo di fronte a due alternative spaventose affermava di "non scegliere né l'una né l'altra". Altrimenti, il "dovere" di pronunciarsi sempre contro i dittatori rischia di approdare al "tanto peggio tanto meglio". L'Iraq era alla fine degli anni '80 il paese del Medio Oriente più progredito, come istruzione, sanità, diritti delle donne; anche tra i peggiori, è vero, per la dittatura di Saddam (ma gli altri non erano poi tanto meglio, a cominciare dal "faro di civiltà" Arabia Saudita): credo sia difficile negare che dal 2003 è diventato molto peggio, la democrazia "esportata" dagli USA non esiste, muore molta più gente negli attentati di quanta ne facesse fuori Saddam (il che non vuol dire in alcun modo, insisto, giustificarlo o stare dalla sua parte). Agli USA questo non interessa nulla, ben altri erano i suoi scopi (esula da questo commento analizzare se li abbia realmente raggiunti). L'osservazione giusta mi sembra che quella vicenda, come tante altre, non ha avuto nulla a che fare con la democrazia, che richiederebbe processi ben diversi per liberarsi dalle dittature con un vero passo avanti per tutti.
Sul Kosovo prima e dopo la guerra del 1999 si potrebbe fare un ragionamento analogo (il suo attuale presidente è un trafficante di organi umani).
Anchela Libia era il paese con i più alti livelli di vita dell'Africa del Nord (e di gran parte di quella del Sud). La guerra della NATO, per gli interessi in primo luogo di Francia, Gran Bretagna e USA (contro gli interessi dell'Italia, come avvenne per la guerra in Kosovo), al di là dei crimini efferati, non porterà a nulla di meglio (condivido il paragone con la Somalia ): mi sembra evidente che i rappresentanti del nuovo regime (chiamarlo "Governo" mi sembra un eufemismo) non siano meglio di chi li ha preceduti, e lo hanno già ampiamente dimostrato, per chi lo voglia vedere (a parte il fatto che sono essi stessi dilaniati da lotte intestine di potere). Ai crimini diretti della NATO si aggiunge quello di avere esasperato il conflitto, esacerbato gli animi, alimentato le rivalità, coperto e incoraggiato rivalità, rivalse e rese di conti. Senza la guerra della NATO, comunque fossero andato il conflitto interno, penso che avrebbe mietuto meno vittime, e avrebbe portato un numero almeno minore di crimini (anche la quantità conta, trattandosi di vite umane, che naturalmente contano solo quando hanno la pelle bianca, e anche in quel caso solo se stanno da una certa parte).
La guerra spazza via anche (o soprattutto) il buono ed è sempre e comunque un passo verso la barbarie!
E' stato osservato da molti, ma mi sembra il caso di ribadirlo, che l'intervento militare ha avuto anche lo scopo di mandare un messaggio molto preciso alle "primavere arabe", chiarendo chi comanda davvero e quali sono i limiti ad una democrazia vera e soprattutto autonoma. Del resto le potenze occidentali hanno sostenuto quei tiranni fino all'ultimo, oltre i limiti della decenza, e sostengono ancora quelli ancora in sella (oltre all'esempio che ho già ricordato del regime dell'Arabia Saudita, che chiamare medioevale costituisce un oltraggio per il Medio Evo).
Aggiungerei ancora un'osservazione. Perché Parigi e Londra sono stati i più accesi fautori, e artefici, dell'intervento armato? Credo che abbiano cercato un ritorno alla grande come potenze decisive in Africa del Nord dopo il declino del loro ruolo di potenze coloniali egemoni con lo scacco di Suez del 1956.
Sono andato fuori tema? Penso di no. Perché secondo me non basta essere contro la guerra, senza se e senza ma, ma occorre individuarne sempre le cause, i motivi, i pretesti (quasi tutte le guerre sono state innescate sulla base di un falso storico, un avvenimento, una provocazione o un crimine inventati) se si vogliono non solo contrastarle e condannarle ma, se possibile, prevenirle, eliminarne le cause.
Questo stimolo mi ispira comunque alcune considerazioni, che dalla visione dei video e dei commenti potrebbero a mio avviso risultare distorte.
E' difficile, naturalmente, essere a favore di Gheddafi, come era impossibile essere a favore di Saddam Hussein. Questo però è solo un punto di vista, bisogna superarlo per acquisire un'ottica diversa. Ricordo sempre il famoso Candide di Voltaire, che messo di fronte a due alternative spaventose affermava di "non scegliere né l'una né l'altra". Altrimenti, il "dovere" di pronunciarsi sempre contro i dittatori rischia di approdare al "tanto peggio tanto meglio". L'Iraq era alla fine degli anni '80 il paese del Medio Oriente più progredito, come istruzione, sanità, diritti delle donne; anche tra i peggiori, è vero, per la dittatura di Saddam (ma gli altri non erano poi tanto meglio, a cominciare dal "faro di civiltà" Arabia Saudita): credo sia difficile negare che dal 2003 è diventato molto peggio, la democrazia "esportata" dagli USA non esiste, muore molta più gente negli attentati di quanta ne facesse fuori Saddam (il che non vuol dire in alcun modo, insisto, giustificarlo o stare dalla sua parte). Agli USA questo non interessa nulla, ben altri erano i suoi scopi (esula da questo commento analizzare se li abbia realmente raggiunti). L'osservazione giusta mi sembra che quella vicenda, come tante altre, non ha avuto nulla a che fare con la democrazia, che richiederebbe processi ben diversi per liberarsi dalle dittature con un vero passo avanti per tutti.
Sul Kosovo prima e dopo la guerra del 1999 si potrebbe fare un ragionamento analogo (il suo attuale presidente è un trafficante di organi umani).
Anche
La guerra spazza via anche (o soprattutto) il buono ed è sempre e comunque un passo verso la barbarie!
E' stato osservato da molti, ma mi sembra il caso di ribadirlo, che l'intervento militare ha avuto anche lo scopo di mandare un messaggio molto preciso alle "primavere arabe", chiarendo chi comanda davvero e quali sono i limiti ad una democrazia vera e soprattutto autonoma. Del resto le potenze occidentali hanno sostenuto quei tiranni fino all'ultimo, oltre i limiti della decenza, e sostengono ancora quelli ancora in sella (oltre all'esempio che ho già ricordato del regime dell'Arabia Saudita, che chiamare medioevale costituisce un oltraggio per il Medio Evo).
Aggiungerei ancora un'osservazione. Perché Parigi e Londra sono stati i più accesi fautori, e artefici, dell'intervento armato? Credo che abbiano cercato un ritorno alla grande come potenze decisive in Africa del Nord dopo il declino del loro ruolo di potenze coloniali egemoni con lo scacco di Suez del 1956.
Sono andato fuori tema? Penso di no. Perché secondo me non basta essere contro la guerra, senza se e senza ma, ma occorre individuarne sempre le cause, i motivi, i pretesti (quasi tutte le guerre sono state innescate sulla base di un falso storico, un avvenimento, una provocazione o un crimine inventati) se si vogliono non solo contrastarle e condannarle ma, se possibile, prevenirle, eliminarne le cause.
Angelo Baracca”
Colgo l’occasione per precisare meglio il mio pensiero, anche in risposta al commento di Stefano Pellò al post che precede: gli Stati Uniti, in particolare, sono ben più colpevoli di Gheddafi, perché sono molto più potenti, perché hanno causato molti più lutti e distruzioni da un capo all’altro del mondo musulmano e altrove, perché coltivano il culto della guerra, in cui dilapidano smisurate quantità di risorse, di denaro e di ingegno, perché contano solo i morti americani, e soprattutto perché pretendono di comandare al mondo mentre tradiscono sistematicamente, in tutti i loro rapporti internazionali, il grande sogno di eguaglianza e libertà su cui nacque un tempo la loro repubblica. Finché l'America non cambierà, non vedremo la fine della Guerra.
Grazie, Alberto, per le tue puntualizzazioni. Vorrei aggiungere ancora qualche riflessione, dettata soprattutto dalla mia amarezza, che per ora mi impedisce, per non farmi troppo male, di leggere quotidiani o ascoltare telegiornali. Leggo però anche nei post dei tuoi commentatori, che, ne sono certo, scrivono in buona fede, espressioni come "pazzo dittatore", riferite a Gheddafi. Dittatore, nel senso di capo di stato non eletto secondo le norme della democrazia parlamentare, è un termine certamente applicabile nel caso specifico, ma il carico semantico allusivo e pre-codificato che il termine - non certo neutro dal punto di vista valoriale - porta con sé pone dei problemi non da poco in quest'epoca di dominio assoluto del verbo mediatico. Lo stesso giudizio non si applica, per esempio, per il sovrano del Bhutan, per il re dell'Arabia Saudita o per il tanto amato in Occidente Dalai Lama, che sono alcuni esempi di autocrati non eletti cui non si attribuisce la categoria derogatoria di "dittatore". Non approfondisco il caso di Cuba per non innescare reazioni a catena, ma il concetto mi sembra chiaro. In altre parole Gheddafi è (era) definito "dittatore" non tanto perché capo di stato non democraticamente eletto, ma perché investito del ruolo di nemico - riabilitato per un breve tempo, durante il quale lo si chiamava "presidente" o "colonnello" - e quindi automaticamente e funzionalmente definibile come "dittatore" o "rais", termini entrambi che evocano realtà da esorcizzare, la prima spettri nazifascisti e la seconda memorie lepantine. Dal punto di vista giuridico, Gheddafi era dittatore tanto quanto lo era Mubarak. Dubito che lo stesso raccapricciante linciaggio subito da Gheddafi, se fatto ai danni di Mubarak, sarebbe mai stato accettabile, nonostante Mubarak sia stato a sua volta responsabile di omicidi politici e persecuzioni di oppositori. E infatti, tautologicamente, quel linciaggio non c'è stato. Questo suggerisce, se mai ce ne fosse ulteriore bisogno, molte cautele nell'uso delle parole. Del resto di guerre fatte per eliminare "pazzi dittatori" - il paradigma Hitler funziona sempre a regola d'arte - ne sono state fatte un po' troppe ultimamente, che ne hanno decretato la sostituzione con "lucidi mafiosi", se mi si permette la boutade. Quanto ai sistemi democratici impiantati in Afghanistan, in Iraq o in Kosovo, credo sia chiaro a tutti che convenga ricorrere al più classico dei veli pietosi, con la nota a piè di pagina che "democrazia" è esso stesso un termine che, come tutti i termini abusati, stuprati (in questo caso parlerei di eccesso di impiego ironico...), si sta velocemente svuotando di senso, e potrebbe presto andare a fare il paio con "dittatura del proletariato".
RispondiElimina(continua) Quanto al termine "pazzo", mi è più odioso che mai. Non possediamo cartelle cliniche che ci segnalino patologie psichiatriche riferite al signor Mu'ammar Gheddafi, che ha governato, non democraticamente ma in modo indipendente, il proprio paese per molti anni, facendogli raggiungere i più alti livelli di benessere diffuso di tutto il continente africano. Se Gheddafi era pazzo perché indossava vesti sgargianti e copricapi fantasiosi, c'è da chiedersi, da un lato, che cosa potranno pensare in Africa dei cappellini della regina Elisabetta o del cane della famiglia Obama, e, dall'altro, se e quanto più gradevoli e rassicuranti siano i grigi, sgraziati Sedara arabi che hanno i nomi di Jibril o al-Maliki. Se era pazzo perché dormiva in una tenda, ebbene, allora l'orientalismo esiste e prevale davvero ancora e molti anni di critica postcoloniale non hanno dato alcun frutto al di fuori delle università, e mi pare anche strano che non si capisca il palese valore simbolico, di rifiuto sprezzante dell'occidentalizzazione selvaggia, che tutto quel folklore portava con sé. Se, infine, era pazzo perché non si faceva troppi problemi a usare la violenza ed eliminare i suoi nemici, allora sì, sono d'accordo, questa è follia anche per me, un quasi-nonviolento ormai. È però evidente che, in questo caso, le cartelle cliniche dei capi delle illuminate democrazie di Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna sarebbero ben più seriamente compromesse, e recherebbero la segnalazione comprovata e controfirmata di patologie ben più gravi e dannose di quelle che affliggevano il Pazzo di Belgrado, il Pazzo di Baghdad e il Pazzo di Tripoli, tutti democraticamente torturati e uccisi.
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