“Allora Ciro, avendo compreso che
Creso era uomo caro agli dei e buono, lo fece scendere dalla pira e
gli chiese: 'Creso, quale degli uomini ti condusse a muovere in armi
contro la mia terra e a farti mio nemico invece che mio amico?' E
quello rispose: 'O re, questo io feci per la tua fortuna e per la mia
disgrazia; ma colpevole di questo fu il dio degli Elleni, che mi
spinse alla guerra. Poiché nessuno è tanto privo di senno da
preferire la guerra alla pace: ché in questa i figli seppelliscono i
genitori, in quella i genitori i figli'”
Erodoto, Storie,
1, 89, 2-4 (trad. Augusta Izzo D'Accinni, Sansoni Editore, Milano,
1993)
“L'etnocentrismo non è altro che una
forma collettiva di una simile philautia:
un amore di sé gregario, condiviso e altisonante. Per Erodoto,
questo atteggiamento è universale, ma sembra particolarmente
cocciuto, secondo lui, fra i persiani. Essi misurano l'inferiorità
degli altri popoli in proporzione alla loro distanza da se stessi, i
migliori di tutti. [...]
I
persiani sono grandi in tante cose, riconosce, ma fanno un grosso
errore: sono tremendamente etnocentrici, e non viaggiano. Offrono un
estremo esempio di autocompiaciuta immobilità. Questo risulta fatale
quando quei presunti inferiori diventano nemici. Allora i pregiudizi
culturali si traducono in scadente intelligenza militare. Dario non
riesce a concepire le tattiche di guerriglia di popoli in costante
movimento, come gli Sciti, quei nomadi che lo eluderanno. E Serse
prende i greci sottogamba.”
Giulia
Sissa, “Democracy: a Persian Invention?” Mètis.
Anthropologie des mondes grecs anciens.
N. S. 10, 2012 (trad. Alberto Cacopardo)
Parliamo
di Lidi, di Elleni, di Persiani. E di americani, allevati a credersi
i migliori di tutti, che viaggiano ma non imparano altre lingue, che
affogano nei pregiudizi culturali, che, per scarsa intelligenza
militare, hanno preso sottogamba i libici, gli afghani e gli
iracheni. Ma che, a differenza di Ciro, non tirarono Bin Laden giù
dal rogo per chiedergli perché gli era nemico.
Certo, non avrebbero
avuto risposte altrettanto sagge: ma forse non meno interessanti.
P. S.
Beninteso, parlare di “americani” è una vaga approssimazione,
come Erodoto che parlava di “persiani”. Gli americani sono molti
milioni, che comprendono gente geniale, poliglotti viaggiatori,
eccellenti operai, anime belle di tutte le specie, perfino politici ben
intenzionati e ottime cuoche che davanti a Trump si
vergognano di essere americane. Ma forse è più che altro una
metonimia: perché, checché ne dicano certi antropologi, esiste una
cosa chiamata “cultura”.
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