Ci voleva un'anima semplice semplice e
a un tempo nobile, come quella dell'ormai famoso poeta vernacolare
Enotrio Macigni, per dire qualche parola di verità sulle guerre ai
musulmani di quest'ultimo quarto di secolo:
E bbasta mo' co' 'ste perseguzzioni
e bbasta mo' co' 'sti bombardamenti
quant'hanno da morì, mille mijoni?
Volemo da svotà du' continenti?
Ce se vince la coppa de' fregnoni
a ffa' a cchi ffa ppiù ddanni e
scannamenti?
O cce guadambieno solo i padroni
ciovè cchi ffa e chi vvenne
ll'armamenti?
Bombarda oggi e bombarda domani
ve piacerebbe se toccasse a vvoi
d'esse' trattati peggio de li cani?
S'ha dda falla finita a ffa' li goi
che ggira ggira poi 'sti mussurmani
e cche nun so' cristiani come nnoi?
Nei pochi versi di un classico sonetto
il poeta sbotta in un'invettiva indignata e addolorata contro i
signori della guerra, dà dei fregnoni a chi bombarda, mette sotto
accusa i fabbricanti d'armi e ci invita tutti a piantarla di fare i
goi, cioè i campioni di
quelle malefiche e patetiche stramberie che, nel provinciale
vernacolo del Macigni, si usa chiamare “gojerie”.
Ma il
vertice poetico del componimento sta tutto nel suo distico finale, la
cui bertoldesca ironia contiene un fulminante paradosso, nel senso
più tecnico della parola: ossia, per dirla col Devoto-Oli una
“proposizione formulata in apparente contraddizione con
l'esperienza comune o con i principi elementari della logica, ma che,
sottoposta a rigoroso esame critico, si rivela valida”.
Che un
musulmano, gira gira, sia un cristiano è un evidente ossimoro, cioè,
appunto, una contraddizione in termini. Ma, a ben guardare,
l'ossimoro è, per l'appunto, solo apparente. E questo per due
ragioni.
1. Un
cristiano è colui che crede in Cristo. Ebbene, forse non tutti sanno
che Gesù Cristo, noto ai musulmani sotto il nome arabo di Isa, è
annoverato fra i maggiori profeti dell'Islam. I musulmani infatti,
anche se non tutti da queste parti lo sanno, non credono in un altro
Dio chiamato Allah, ma credono proprio nello stesso Dio della Bibbia
e dei Vangeli, che in arabo è chiamato con molti nomi, fra cui Allah
è il più frequente e conosciuto. Per loro ci sono state infatti tre
Grandi Rivelazioni successive. La prima è quella mosaica della
Torah, che noi chiamiamo il Pentateuco (ossia i primi cinque libri
dell'Antico testamento), detta dai musulmani Tawrat al-Sharif. La
seconda è quella del Vangelo di Cristo, detto Injil al-Sharif, il
nobile Vangelo, e la terza è quella del Quran al-Sharif, il Corano.
Ogni rivelazione ha aggiornato e corretto le precedenti. Pertanto la
posizione dei musulmani rispetto a Cristo è perfettamente analoga a
quella dei mormoni, che hanno anche loro un nuovo profeta, Joseph
Smith, e un nuovo libro, il libro di Mormon, rivelato, come il
Corano, direttamente da Dio. Ma i Mormoni, che fra l'altro
predicarono a lungo la poligamia, sono da tutti considerati
cristiani. Perché i musulmani no? Non per ragioni teologiche, ma per
ragioni puramente etniche. La loro fede non ha radici europee come
quella mormone, ma ha radici arabe. Forse, non fosse per queste,
l'Islam sarebbe stato classificato fin dalle origini come una delle
tante eresie del cristianesimo. Come i mormoni, o i testimoni di
Geova o gli avventisti del settimo giorno, che hanno tutti credenze
non meno esotiche dei sunniti. Ma gli arabi erano radicalmente
estranei, antropologicamente avversari, dunque non potevano esser
detti cristiani. Se oggi i loro valori appaiono a molti in radicale
contrasto con quelli europei, non è perché confliggano tanto coi
valori cristiani, ma piuttosto coi valori costruiti dal Settecento in
poi sull'abiura del
cristianesimo che ha fatto dell'Occidente quello che esso è oggi.
Dunque non ha tutti i torti il nostro Enotrio quando li chiama
cristiani, semmai avrà torto a dirli cristiani come noi.
2. Ma c'è un'altra ragione per cui
l'ossimoro macigniano è in realtà un paradosso in senso tecnico. In
questo vernacolo, come in molti dialetti meridionali, il termine
“cristiano” viene usato correntemente per designare qualunque
persona. “Ho vvisto du' cristiani pe' la strada ”
non vuol dire che ho visto due tipi particolarmente religiosi. In
questo senso la domanda retorica del nostro poeta significa
semplicemente: non sono esseri umani come noi? Qui il Macigni pratica
un'illuminante torsione di significato. Dire “cristiano” per
“persona” equivale a dire “Inuit”, che vuol dire essere
umano, per dire Eschimese, come fanno per l'appunto gli Eschimesi, o
dire “Diné”, cioè gente, per dire Navaho, come fanno appunto i
Navaho.
Cioè
significa negare l'appartenenza alla specie umana di quelli che non
fanno parte della tua comunità, etnica o religiosa che sia.
Significa chiudere il “cerchio dell'etica”, ossia l'ambito
sociologico, la collettività di viventi a cui si applicano le regole
morali, prima fra tutte il “non uccidere”. La chiusura del
cerchio dell'etica è tipica dei popoli arcaici, ma anche di tutte le
destre conservatrici. Negli ultimi tempi, purtroppo, è diventata
moneta corrente in Occidente, dove la stampa, i media e il
chiacchiericcio comune concorrono tutti a convincerci che dobbiamo
piangere se muore un italiano, preoccuparci se muore un francese, ma
fregarcene altamente se muore un libico, un egiziano o un pakistano.
Donde, per esempio, il gran fracasso per il bravissimo Giulio Regeni,
che, in lancinante contrasto col pensiero dello stesso bravissimo
Giulio, passa sotto silenzio le dozzine o centinaia di uccisi come
lui da quel malefico regime “nostro” amico.
A
tutto questo il Macigni si ribella. Nel dichiarare cristiani i
musulmani rinnega la radice etnocentrica dell'uso vernacolare del
termine e lo ritorce contro di essa proclamando: c'è una sola
umanità. Una sola umanità.
Onore
dunque a Enotrio Macigni, ormai famoso poeta vernacolare.
Ci
voleva quest'animo semplice per questa verità così stravolta e
calpestata, eppure così elementare.
Si ringrazia Peppe Sini per la
segnalazione del componimento
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