martedì 30 agosto 2016

E cche nun so' cristiani come nnoi? Il fulminante paradosso di Enotrio Macigni

Ci voleva un'anima semplice semplice e a un tempo nobile, come quella dell'ormai famoso poeta vernacolare Enotrio Macigni, per dire qualche parola di verità sulle guerre ai musulmani di quest'ultimo quarto di secolo:

E bbasta mo' co' 'ste perseguzzioni
e bbasta mo' co' 'sti bombardamenti
quant'hanno da morì, mille mijoni?
Volemo da svotà du' continenti?

Ce se vince la coppa de' fregnoni
a ffa' a cchi ffa ppiù ddanni e scannamenti?
O cce guadambieno solo i padroni
ciovè cchi ffa e chi vvenne ll'armamenti?

Bombarda oggi e bombarda domani
ve piacerebbe se toccasse a vvoi
d'esse' trattati peggio de li cani?

S'ha dda falla finita a ffa' li goi
che ggira ggira poi 'sti mussurmani
e cche nun so' cristiani come nnoi?

Nei pochi versi di un classico sonetto il poeta sbotta in un'invettiva indignata e addolorata contro i signori della guerra, dà dei fregnoni a chi bombarda, mette sotto accusa i fabbricanti d'armi e ci invita tutti a piantarla di fare i goi, cioè i campioni di quelle malefiche e patetiche stramberie che, nel provinciale vernacolo del Macigni, si usa chiamare “gojerie”.
Ma il vertice poetico del componimento sta tutto nel suo distico finale, la cui bertoldesca ironia contiene un fulminante paradosso, nel senso più tecnico della parola: ossia, per dirla col Devoto-Oli una “proposizione formulata in apparente contraddizione con l'esperienza comune o con i principi elementari della logica, ma che, sottoposta a rigoroso esame critico, si rivela valida”.
Che un musulmano, gira gira, sia un cristiano è un evidente ossimoro, cioè, appunto, una contraddizione in termini. Ma, a ben guardare, l'ossimoro è, per l'appunto, solo apparente. E questo per due ragioni.
1. Un cristiano è colui che crede in Cristo. Ebbene, forse non tutti sanno che Gesù Cristo, noto ai musulmani sotto il nome arabo di Isa, è annoverato fra i maggiori profeti dell'Islam. I musulmani infatti, anche se non tutti da queste parti lo sanno, non credono in un altro Dio chiamato Allah, ma credono proprio nello stesso Dio della Bibbia e dei Vangeli, che in arabo è chiamato con molti nomi, fra cui Allah è il più frequente e conosciuto. Per loro ci sono state infatti tre Grandi Rivelazioni successive. La prima è quella mosaica della Torah, che noi chiamiamo il Pentateuco (ossia i primi cinque libri dell'Antico testamento), detta dai musulmani Tawrat al-Sharif. La seconda è quella del Vangelo di Cristo, detto Injil al-Sharif, il nobile Vangelo, e la terza è quella del Quran al-Sharif, il Corano. Ogni rivelazione ha aggiornato e corretto le precedenti. Pertanto la posizione dei musulmani rispetto a Cristo è perfettamente analoga a quella dei mormoni, che hanno anche loro un nuovo profeta, Joseph Smith, e un nuovo libro, il libro di Mormon, rivelato, come il Corano, direttamente da Dio. Ma i Mormoni, che fra l'altro predicarono a lungo la poligamia, sono da tutti considerati cristiani. Perché i musulmani no? Non per ragioni teologiche, ma per ragioni puramente etniche. La loro fede non ha radici europee come quella mormone, ma ha radici arabe. Forse, non fosse per queste, l'Islam sarebbe stato classificato fin dalle origini come una delle tante eresie del cristianesimo. Come i mormoni, o i testimoni di Geova o gli avventisti del settimo giorno, che hanno tutti credenze non meno esotiche dei sunniti. Ma gli arabi erano radicalmente estranei, antropologicamente avversari, dunque non potevano esser detti cristiani. Se oggi i loro valori appaiono a molti in radicale contrasto con quelli europei, non è perché confliggano tanto coi valori cristiani, ma piuttosto coi valori costruiti dal Settecento in poi sull'abiura del cristianesimo che ha fatto dell'Occidente quello che esso è oggi. Dunque non ha tutti i torti il nostro Enotrio quando li chiama cristiani, semmai avrà torto a dirli cristiani come noi.
2. Ma c'è un'altra ragione per cui l'ossimoro macigniano è in realtà un paradosso in senso tecnico. In questo vernacolo, come in molti dialetti meridionali, il termine “cristiano” viene usato correntemente per designare qualunque persona. “Ho vvisto du' cristiani pe' la strada ” non vuol dire che ho visto due tipi particolarmente religiosi. In questo senso la domanda retorica del nostro poeta significa semplicemente: non sono esseri umani come noi? Qui il Macigni pratica un'illuminante torsione di significato. Dire “cristiano” per “persona” equivale a dire “Inuit”, che vuol dire essere umano, per dire Eschimese, come fanno per l'appunto gli Eschimesi, o dire “Diné”, cioè gente, per dire Navaho, come fanno appunto i Navaho.
Cioè significa negare l'appartenenza alla specie umana di quelli che non fanno parte della tua comunità, etnica o religiosa che sia. Significa chiudere il “cerchio dell'etica”, ossia l'ambito sociologico, la collettività di viventi a cui si applicano le regole morali, prima fra tutte il “non uccidere”. La chiusura del cerchio dell'etica è tipica dei popoli arcaici, ma anche di tutte le destre conservatrici. Negli ultimi tempi, purtroppo, è diventata moneta corrente in Occidente, dove la stampa, i media e il chiacchiericcio comune concorrono tutti a convincerci che dobbiamo piangere se muore un italiano, preoccuparci se muore un francese, ma fregarcene altamente se muore un libico, un egiziano o un pakistano. Donde, per esempio, il gran fracasso per il bravissimo Giulio Regeni, che, in lancinante contrasto col pensiero dello stesso bravissimo Giulio, passa sotto silenzio le dozzine o centinaia di uccisi come lui da quel malefico regime “nostro” amico.
A tutto questo il Macigni si ribella. Nel dichiarare cristiani i musulmani rinnega la radice etnocentrica dell'uso vernacolare del termine e lo ritorce contro di essa proclamando: c'è una sola umanità. Una sola umanità.
Onore dunque a Enotrio Macigni, ormai famoso poeta vernacolare.
Ci voleva quest'animo semplice per questa verità così stravolta e calpestata, eppure così elementare.



Si ringrazia Peppe Sini per la segnalazione del componimento




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