lunedì 26 maggio 2014

Ho sentito invocare dèi pagani

Dai Kalasha ho sentito invocare dèi pagani, ho visto donne dal volto dipinto e uomini coi fiori nel cappello, ho visto danze sacre durare dalla sera fino all'alba,
ho ammirato foreste maestose di cedri himalayani svettanti come torri verso il cielo, dalle mani di chi l'aveva fatto ho preso il pane caldo cotto al fuoco nel centro della casa, ho visto in un deserto di pietraie il lago misterioso delle fate, ho visto uomini dormire abbracciati alle capre, ho visto tessere un vestito per un mese, ho guardato lo sciamano andare in trance per ripetere la voce degli dèi, ho bevuto vino chiaro spremuto dalle uve a gambe nude, ho visto gente capace di digiunare, ho ascoltato gli anziani cantare con voce stregata le gesta favolose degli avi, dalle loro labbra ho sentito narrare i miti dell'era primordiale, ho visto un uomo che ha ucciso un leopardo, ho assistito all'ecatombe delle capre davanti all'altare di Sajjigor, ho visto famiglie giocarsi le loro ricchezze per donare da mangiare e da bere per giorni a centinaia di persone, ho sentito nel mese di Sharu le note del flauto incantare la valle, ho visto pastori arrampicarsi a mani nude su pareti di roccia verticali con l'abisso del vuoto sotto i piedi, ho visto donne e uomini capaci di trastullarsi coi bambini e ho visto bambini che non avevano nulla ed erano capaci di giocare.



I Kalasha, per chi non lo sapesse, sono gli ultimi pagani indoeuropei, che vivono fra i monti dello Hindu Kush: dei quali mi sono occupato per tutta la vita, da quando su di loro scrissi la tesi in antropologia per Carlo Tullio Altan. Sono stato invitato a parlare di loro ad Atri, presso Pescara, il prossimo 18 luglio. Mi hanno chiesto di scrivere un testo breve per un pannello di fotografie e questo è quanto ho scritto.

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