martedì 8 gennaio 2013

Berlusconi all’Economia? Come dire un Cadorna alla Difesa

Berlusconi ci ha appena annunciato che, nel caso di una improbabile vittoria della sua disastrata coalizione, ci risparmierebbe l’oltraggio di una sua rinnovata guida del governo: si metterebbe al ministero dell’Economia. Ci vuole una bella faccia tosta.
Purtroppo ben pochi hanno una chiara percezione di quanto sia stata catastrofica per questo paese la guida berlusconiana della sua economia. Ma c’è un dato, un solo dato, che la dice molto lunga sull’argomento.
E’ un dato di enorme rilevanza politica e storica che, inspiegabilmente, è sfuggito del tutto all’attenzione dei più.
Fu reso noto in Italia, il 29 ottobre 2010, soltanto da un articolo di Repubblica, inspiegabilmente relegato in tredicesima pagina. Era ripreso da un’elaborazione pubblicata il 24 ottobre dal quotidiano spagnolo El Pais, sulla base del World Economic Outlook prodotto quell’ottobre dal Fondo monetario Internazionale.
Il dato riguardava la classifica generale dei tassi di crescita del Pil in 180 paesi del mondo, per il decennio 2000-2010. Il decennio berlusconiano per eccellenza, in cui il cavaliere afflisse il paese con la sua illuminata conduzione per quasi tutto il decennio, con la breve e tormentata interruzione del secondo governo Prodi fra il 2006 e il 2008.
Ebbene, in quel decennio berlusconiano, il tasso di crescita italiano è risultato l’ultimo di tutto il pianeta, con la sola eccezione di Haiti che, colpita come fu dal terribile terremoto che tutti ricordiamo, non può fare testo. Non è un dato sorprendente? No: è agghiacciante.
Nel commentare in quei giorni la notizia in un post su questo blog, scrivevo: “E' scontato che in questa classifica i paesi più ricchi risultino fra gli ultimi, poiché, per fortuna, in quest'ultimo decennio sono stati quelli che erano dieci o cento volte più poveri di noi a crescere di più. Infatti al primo posto (con un impressionante 387,45%) c'è la Guinea Equatoriale, la Cina è al sesto col 170,86%, l'Etiopia al decimo, l'India al ventesimo, e così via. Mentre gli Stati Uniti sono al numero 152, la Gran Bretagna al 157, la Francia al 162 e la Germania addirittura al centosettantaduesimo posto. Non era scontato, però, che l'Italia si collocasse proprio ultima.” Con una crescita del 2,43% nell’intero decennio, precedevamo di appena un soffio la povera Haiti, col suo 2,39%.
Ma il dato più agghiacciante, completamente sottaciuto dall’articolista di Repubblica, era il colossale distacco che ci separava dagli altri paesi in coda alla classifica. Il penultimo era il Portogallo, con una crescita decennale del 6,47%, pari a quasi il triplo della nostra, mentre quella della Germania, col suo 8,68%, era oltre tre volte e mezzo tanto.
Nel 2010, alla vigilia della tempesta che ci ha investiti, la Spagna aveva un Pil pro capite di 29.652 dollari, di poco superiore ai nostri 29.418, ma era cresciuta del 22,43% in quel decennio, ossia dieci volte più di noi. E la Grecia, su cui già si addendavano nubi minacciose, aveva un reddito di 28.832 dollari a testa, cioè quasi pari al nostro, ma il suo Pil era cresciuto di oltre il 28% in quei dieci anni.
Questa era la condizione dell’Italia alla fine del decennio berlusconiano. Un’autentica catastrofe nazionale. E tutto questo, si badi bene, prima che arrivasse la tempesta che ci ha resi ancor più poveri di prima.
E’ difficile spiegare una simile catastrofe senza addossarne la responsabilità all’uomo che ha guidato e condizionato il paese in tutti i modi in quel decennio. E che lo ha fatto perennemente strombazzando ai quattro venti la propria impareggiabile competenza economica, perennemente promettendo dietro l’angolo il secondo miracolo italiano.
Che un simile cialtrone si venga a candidare adesso al ministero dell’Economia è come se Luigi Cadorna, dopo aver guidato la rotta di Caporetto, si fosse candidato a ministro della Guerra alle elezioni del 1919. Ma certo, Cadorna non aveva televisioni.

N.B. Putroppo l’originario articolo di El Pais del 24 ottobre 2010 non risulta più reperibile on line. L’unica versione rintracciabile si trova sul sito di ItaliaFutura. Inspiegabilmente, è monca: si ferma al 73esimo posto in classifica, la Repubblica dello Yemen. Di dov'era l'Italia, neanche loro si sono accorti.


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