venerdì 11 marzo 2011

La “riforma della giustizia”: quello che è in gioco qui è la libertà.

Da molti mesi sto argomentando in questo blog che, contrariamente a quanto sostengono Marco Travaglio e tanti altri avversari di Silvio Berlusconi, il berlusconismo consiste in un preciso progetto politico che mira ad assoggettare al potere esecutivo tutti gli altri poteri dello stato, per costruire un sistema che funzioni a tutti gli effetti come un’autentica autocrazia.
Il 30 gennaio scorso, quando ancora non era chiaro se Berlusconi sarebbe riuscito a sopravvivere allo scandalo Ruby, scrivevo:
“Non si può escludere che Berlusconi riesca anche questa volta a superare la crisi e a mantenersi in sella, uscendone magari ulteriormente fortificato. In questo caso, lo ha già fatto sapere, si getterebbe con rinnovata foga nel suo programma di legislazione eversiva: intercettazioni, processo breve, separazione delle carriere… In una parola, nella costruzione del regime. Ma non è l’ipotesi più probabile.”
Mi sbagliavo. E’ proprio quello che si è verificato. Ma in forma assai più acuta di quello che accennavo. La “riforma” costituzionale che Alfano ha appena sottoposto all’attenzione del capo dello stato non ha nulla a che vedere, nonostante i balbettii in questo senso di qualche illuminato esponente dell’opposizione, con le traversie giudiziarie di Berlusconi.
E’ invece un attacco al cuore dell’ordinamento costituzionale, che mira a neutralizzare una volta per tutte l’indipendenza della magistratura. E non allo scopo di proteggere Berlusconi dai processi, cosa che i tempi richiesti non consentirebbero, non allo scopo di “vendicarsi” dei giudici, come qualcun altro ha ventilato, ma semplicemente allo scopo di realizzare quel progetto che era nei sogni di Licio Gelli e che Berlusconi coltiva da almeno vent’anni.
La polizia giudiziaria sottratta al controllo dei magistrati basterebbe da sola a neutralizzare qualsiasi indagine scomoda per l’esecutivo. Ma tanto non basta. Si autorizza di fatto chi ha il potere a commettere qualsiasi tipo di illecito, sopprimendo l’obbligatorietà dell’azione penale, che viene rimessa all’arbitrio del potere politico attraverso la maggioranza in parlamento: in pratica si consente a chi ha il potere di impedire alla magistratura di punire i reati del potere stesso.
Ma non basta nemmeno questo. Si sopprime di fatto l’organo di autogoverno dei giudici, pilastro dell’indipendenza della giurisdizione, rimpiazzandolo con due consigli dalle potestà puramente amministrative, uno per i giudici e uno per i pubblici ministeri, che per giunta sarebbero, rispettivamente,  per metà e addirittura per due terzi di nomina politica. Così come in prevalenza di nomina politica sarebbe la nuova Alta Corte addetta ai provvedimenti disciplinari contro i magistrati. I dettagli potranno variare, ma l’intento di assoggettare la magistratura alla volontà della maggioranza parlamentare e del governo non potrebbe essere più chiaro, come dimostra anche la costituzionalizzazione dei poteri di indirizzo e di ispezione attribuiti al Guardasigilli.
Come se non bastasse, si impedisce addirittura ai giudici di esprimere pareri sulla legislazione giudiziaria che non siano sollecitati dal ministro, sostenendo che questa sì è separazione dei poteri, come se esprimere un parere sulle leggi equivalesse ad esercitare il legislativo. Gli universitari possono commentare la legislazione universitaria, i medici quella sanitaria, gli industriali, che sono soggetti privati, quella industriale, ma guai se i magistrati si permettono di esprimere pareri sulla legislazione giudiziaria!
E infine, colmo dei colmi, in un paese che ha il vanto di ospitare le associazioni a delinquere più ricche e più potenti del mondo, si rende inappellabile la prima sentenza di assoluzione e si stabilisce che se il giudice sbaglia a imporre sanzioni deve pagare i danni di persona, mentre se sbaglia ad assolvere non ci rimette nulla: con quali risultati per la lotta al crimine, qualunque imbecille si può immaginare. Ecco, questi ultimi due punti sono gli unici che distinguono questa “riforma” dal fascismo, per assimilarla invece ad una presa criminale del potere. Per il resto, è fascismo allo stato puro.
Il minimo che dovrebbe fare l’opposizione, davanti ad un simile attacco allo stato di diritto, alla supremazia della legge e ai fondamenti stessi della democrazia, è chiamare alla mobilitazione generale. Tanto più che questo è solo uno dei passi sulla strada della realizzazione dell’autocrazia. Un altro è già in cantiere, e apre la via al controllo berlusconiano sulla stampa, che adesso dà davvero troppa noia e andrà associata alle televisioni nel coro di osannanti al cavaliere. Un altro è pronto nelle retrovie: la riforma della corte costituzionale, che diventi a maggioranza politica, in nome, of course, del popolo sovrano. Così anche quella, doverosamente, sarà sempre del parere del governo.
Quello che è in gioco qui non è il destino di Berlusconi nei processi, non è il funzionamento del sistema giudiziario, non è la dignità dei magistrati. Quello che è in gioco qui è la libertà.

4 commenti:

  1. Ricevo da Domenico Cacopardo:

    Caro Alberto, un abbraccio. La giustizia è proprio questione di libertà: è necessario, infatti, sconfiggere una corporazione burocratica e autoreferenziale e avvicinarci agli altri paesi di liberal-democrazia. Un'operazione del genere esula dall'orizzonte politico di Berlusconi, è ovvio. Ma non è possibile continuare così: la più costosa macchina giudiziaria dell'Occidente e la più inefficiente.

    Rispondo:
    Ciao Mimmo! Un abbraccio a te. Presumo che tu ne sappia più di me, ma la mia impressione è che se la giustizia è così costosa e inefficiente, la colpa sia forse più del governo, del dicastero competente, di molta legislazione in materia e della corporazione degli avvocati (un potentato di cui nessuno parla mai), che non dei magistrati, che veramente non mi sembrano tanto autoreferenziali: quando criticano l'indirizzo berlusconiano, mi pare che lo facciano più in nome dei principi liberal-democratici che invochi, che non dei loro interessi corporativi.

    N. B. Oltre che mio cugino, Domenico Cacopardo è un noto romanziere, consigliere di stato ed ex-capo di gabinetto di vari ministri. Apprezzo molto la sua letteratura, anche se le sue specifiche posizioni politiche non mi trovano sempre consenziente.

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  2. E' stupefacente che mai nessuno dall'opposizione abbia fatto notare che chi da anni accusa la magistratura di essere politicizzata, prepara (e non da ora) delle riforme che la politicizzerebbero davvero.
    Idem per quanto riguarda la Corte Costituzionale.
    Augusto

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  3. Si torna indietro , a prima della riforma del 1989 (riforma del codice di procedura penale) – infatti è esatto parlare di contro-riforma

    Dallo Stato liberale (quello che vede i magistrati sovraintendere alle attività del “braccio esecutivo” - si passa , o meglio si ritorna , allo Stato “di polizia” : dove la Polizia (tutte le forze di polizia) non deve rendere conto e non è sottoposta al controllo giurisdizionale di funzione .

    In pratica la polizia INDAGA senza un controllo giurisdizionale ! Significa , in pratica , che il Ministero degli Interni può schedare e dossierare qualunque cittadino indipendentemente da una connessione con un processo avviato o da avviarsi !

    Quasto è il garantismo dei bananas

    Ma c’è di più : non solo la Polizia non dovrà più rendere conto del proprio operati ai magistrati del Pubblico Ministero , ma gli stessi pubblici ministeri non potranno più disporre della polizia giudiziaria per tutti gli accertamenti connessi alle attività e funzioni istruttorie (dovranno chiedere il permesso al Questore … ?)

    Ed è proprio questo , io credo , ciò che maggiormente preme al GRUMO di interessi che si raccoglie sotto l’”ombrello” politico che piuttosto pomposamente si definisce Partito delle Libertà

    www.ilpost.it/2011/03/10/la-riforma-della-giustizia-in-dieci-punti/

    Uso della polizia giudiziaria

    L’articolo 109 della Costituzione stabilisce oggi che “l’autorità giudiziaria dispone direttamente della polizia giudiziaria”. La riforma stabilisce invece che “il giudice e il pubblico ministero dispongono della polizia giudiziaria secondo le modalità stabilite dalla legge”, rimandando quindi a una legge ordinaria ulteriori chiarificazioni e limitazioni.

    www.liberacittadinanza.it/articoli/la-riforma-nascosta-della-giustizia-in-quel-patto

    È L’UOVO di Colombo. Che cos’è un pubblico ministero senza polizia giudiziaria? Più o meno, niente. Un corpo senza braccia. Una toga nera che cammina. E allora se, nella scelta e nell’avvio dell’esercizio dell’azione penale, si toglie all’accusa la collaborazione della polizia; se si attribuiscono alla polizia i poteri che oggi sono del pubblico ministero (dalle notizie di reato alla direzione delle indagini), il gioco è fatto. [..]

    cantonenordovest@gmail.com

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  4. Ricevo da Adriana Saja:

    Vorrei aggiungere, o semplicemente sintetizzare, quali siano, a mio parere, i due principali nodi del nostro ex-Belpaese…

    Il primo è la permanenza di quella sorta di “fascismo antropologico” che caratterizza il nostro popolo. Un misto fatto di opportunismo, spacconeria, scarso o inesistente rispetto delle regole civili e della propria dignità, di “machismo”, grossolanità e pressapochismo, pacchiano machiavellismo, miopia e superficialità nel ritenere che esista un bene individuale che non sia al contempo bene collettivo e… potrei continuare ancora a lungo, ma preferisco concludere con un sorriso, seppure amaro, ricordando la macchietta che dell’italiano medio disegnò Alberto Sordi: “un fessacchiotto… che si crede furbo” e che quindi si fa facilmente abbindolare, cercando di imbrogliare lui.

    Il secondo è lo snaturamento e lo scadimento della “politica” a mero mezzo di arricchimento e potere personale, priva della benché minima passione civica e storica. E questo vale praticamente per tutta la classe “politica” italiana, a parte qualche rarissima eccezione. Questo spiega perché da decenni ormai, in politica, emergano e si affermino solo i “mediocri”.
    Entrambi questi nodi sono, fondamentalmente, di matrice culturale.

    E dunque non mi resta che constatare come, in gran parte, la responsabilità di tutto ciò sia della scuola, che non ha saputo rinnovarsi, tenere il passo con le altre agenzie “educative” dei nostri tempi, la TV in primis, coinvolgendo i giovani in attività di formazione volte a dotarli di spirito critico, senza il quale non si diventa cittadini ma sudditi, uno spirito critico che potesse mettere in discussione i modelli di comportamento e i disvalori di una società sempre più artificiale e disumana.
    Il bambino tecnologico, ormai adolescente, che in media per 12 ore al giorno passa il suo tempo tra cellulare, video-games e virtualità, non solo ha modificato le modalità di pensiero e come questo si sviluppi e organizzi nel cervello, senza che ci sia ancora dato sapere se si tratti di “evoluzione”, ma già ahimè manifesta i segni di una dissociazione psichica allarmante.
    Forse non esiste un “fondo” che questo paese possa toccare, la mia forse ingenua immaginazione non riesce a vederne uno ancora peggiore, se queste parole scritte da Elsa Morante nel ’45 risuonano oggi di così tanta farsesca, beffarda e macabra attualità:

    "Il capo del Governo si macchiò ripetutamente durante la sua carriera di delitti che, al cospetto di un popolo onesto, gli avrebbero meritato la condanna, la vergogna e la privazione di ogni autorità di governo.
    Perché il popolo tollerò e addirittura applaudì questi crimini? Una parte per insensibilità morale, una parte per astuzia, una parte per interesse e tornaconto personale. La maggioranza si rendeva naturalmente conto delle sue attività criminali, ma preferiva dare il suo voto al forte piuttosto che al giusto. Purtroppo il popolo italiano, se deve scegliere tra il dovere e il tornaconto, pur conoscendo quale sarebbe il suo dovere, sceglie sempre il tornaconto.
    Così un uomo mediocre, grossolano, di eloquenza volgare ma di facile effetto, è un perfetto esemplare dei suoi contemporanei. Presso un popolo onesto, sarebbe stato tutt'al più il leader di un partito di modesto
    seguito, un personaggio un po' ridicolo per le sue maniere, i suoi atteggiamenti, le sue manie di grandezza, offensivo per il buon senso della gente e causa del suo stile enfatico e impudico. In Italia è diventato il
    capo del governo. Ed è difficile trovare un più completo esempio italiano. Ammiratore della forza, venale, corruttibile e corrotto, cattolico senza credere in Dio, presuntuoso, vanitoso, fintamente bonario, buon padre di famiglia ma con numerose amanti, si serve di coloro che disprezza, si circonda di disonesti, di bugiardi, di inetti, di profittatori; mimo abile, e tale da fare effetto su un pubblico volgare, ma, come ogni mimo, senza un proprio carattere, si immagina sempre di essere il personaggio che vuole rappresentare."

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