venerdì 28 ottobre 2011

Risoluzione Onu 2016 (2011) del 27 ottobre sulla Libia. Gli assassini di Gheddafi deferiti al TPI.

Nella mattinata di giovedì 27 ottobre il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato la sua quarta risoluzione sulla Libia, proposta congiuntamente, secondo l’Ansa, da Russia e Gran Bretagna.

[Tags: traduzione italiana risoluzione Onu 2016 (2011); cessazione ostilità in Libia risoluzione Onu; termine no-fly zone; fine intervento aereo in Libia; guerra aerea; termine missione Nato in Libia]

Nonostante la richiesta di prorogare la missione, presentata alla Nato dal leader del CNT Mustafa Abdel Jalil e all’Onu dall’esponente libico Ibrahim Dabbashi, la risoluzione, approvata col voto unanime dei quindici paesi membri, mette fine alle famose misure di “protezione dei civili” e di divieto di sorvolo deliberate il 17 marzo con la risoluzione 1973, che scatenò l’attacco aereo sulla Libia.
Ma c’è un aspetto non meno importante di questo atto del Consiglio di Sicurezza, che è stato per ora messo completamente in ombra dai media internazionali. A differenza della risoluzione 2009 del 16 settembre, che si disinteressava sostanzialmente dei crimini di guerra dei ribelli, allora in pieno corso con l’assedio di Sirte e di Bani Walid, questa mette addirittura in primo piano le violazioni compiute dalle autorità libiche e dagli insorti.
Essa richiama infatti esplicitamente nel preambolo la risoluzione 1970 del 26 febbraio, quella che deferiva la situazione libica al Tribunale Penale Internazionale, con queste parole:
“Richiamando la sua decisione di deferire la situazione in Libia al Procuratore del Tribunale Penale Internazionale, e l’importanza della collaborazione per assicurare che quanti si sono resi responsabili di violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario o complici di attacchi diretti alla popolazione civile siano chiamati a rispondere delle loro azioni”.
Fin qui si potrebbe pensare ad un’allusione alla mancata cattura del figlio di Gheddafi Saif ul-Islam.
Ma il testo prosegue esprimendo “grave preoccupazione per le persistenti notizie di rappresaglie, detenzioni arbitrarie, inique detenzioni ed esecuzioni extragiudiziali in Libia”: e qui è evidente il riferimento alle denunce di Amnesty ed alla più famosa fra le presumibilmente numerosissime “esecuzioni extragiudiziali” perpetrate dagli insorti, ossia l’uccisione di Gheddafi.
Ma non basta. Il preambolo continua reiterando l’appello del Consiglio di Sicurezza “alle autorità libiche perché promuovano e proteggano i diritti umani e le libertà fondamentali, comprese quelle degli appartenenti a gruppi vulnerabili, adempiano ai loro obblighi in base al diritto internazionale, compreso il diritto internazionale umanitario e le norme sui diritti umani," ed esortando "al rispetto per i diritti umani di tutte le persone in Libia, compresi gli ex-funzionari e i detenuti, durante e dopo il periodo transitorio”.
Basta consultare la risoluzione 1970 per constatare che i termini sono gli stessi con cui quella condannava Gheddafi e il suo governo.
Ma ciò che più conta sono i paragrafi 3 e 4 del dispositivo. Il primo “Esorta fortemente” le autorità libiche ad astenersi e fare astenere da rappresaglie, detenzioni arbitrarie, ed esecuzioni extragiudiziali e “sottolinea la responsabilità delle autorità libiche per la protezione della popolazione”, esattamente come faceva la 1970 con Gheddafi. Il par. 4 rincara la dose, esortando “tutti gli Stati Membri a collaborare strettamente con le autorità libiche nei loro sforzi per mettere fine all’impunità [corsivo mio] per le violazioni dei diritti umani internazionali e il diritto internazionale umanitario”, riconoscendo così esplicitamente la perpetrazione di quegli stessi crimini che, ai sensi della risoluzione 1970, comportano il deferimento al TPI.
Ora, ai sensi dello statuto del TPI, i presupposti giuridici per il perseguimento di crimini commessi in uno stato non aderente al suo trattato istitutivo, quale è la Libia, sono due: il mancato perseguimento da parte dello stato interessato e il deferimento al Procuratore da parte del Consiglio di Sicurezza. Non vi può essere dubbio che questa risoluzione 2016 configuri il secondo presupposto. Questo significa che, se le autorità libiche non perseguiranno gli assassini di Gheddafi e tutti gli altri crimini commessi dagli insorti, il Procuratore del Tribunale è pienamente titolato a intervenire.
Quanto precede è espressamente confermato dal capo della Missione Onu di Supporto in Libia (UNSMIL), nonché Rappresentante Speciale del Segretario Generale, Ian Martin, che in una conferenza stampa tenuta lo scorso 20 ottobre, a chi gli chiedeva se le Nazioni Unite avrebbero indagato sull’assassinio di Gheddafi, rispondeva che “le responsabilità investigative spettano al Tribunale Penale Internazionale” (sia detto fra parentesi, il disinteresse di quest'uomo per i crimini degli avversari di Gheddafi è inquietante).
Cosa farà dunque il Procuratore del TPI? Staremo a vedere. Il fatto che i media abbiano messo completamente in ombra la questione non promette bene, così come il fatto che il deferimento non sia esplicitamente menzionato nel comunicato Onu che diffonde il testo della delibera.
E’ interessante però che il ministro degli Esteri inglese William Hague abbia sottolineato nel suo comunicato di ieri che “la risoluzione ribadisce che le autorità libiche hanno il dovere di tutelare i diritti umani e devono impedire le rappresaglie” aggiungendo che “questo è vitale”.
E’ interessante, perché sarebbe strano se Hague non percepisse che il medesimo dispositivo giuridico si potrebbe applicare in teoria anche ai crimini compiuti dalla Francia e dalla Gran Bretagna, lasciando esenti solo gli Stati Uniti, che non hanno aderito allo Statuto di Roma e hanno il veto in Consiglio di Sicurezza.
Chissà che l’opinione pubblica italiana e internazionale, dopo l’indignazione suscitata in tanti dall’infamia di Sirte, non sia capace di esercitare qualche pressione affinché, almeno sui fatti più gravi, i responsabili siano chiamati a render conto.

Ecco qui di seguito la traduzione del dispositivo della risoluzione, con i passi pertinenti del preambolo. L’originale è reperibile qui.

Il Consiglio di Sicurezza

Richiamando le sue risoluzioni 1970 (2011) del 26 febbraio 2011, 1973 (2011) del 17 marzo 2011, e 2009 (2011) del 16 settembre 2011
[…]
Richiamando la sua decisione di riferire la situazione in Libia al Procuratore del Tribunale Penale Internazionale, e l’importanza della collaborazione per assicurare che quanti si sono resi responsabili di violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario o complici di attacchi diretti alla popolazione civile siano chiamati a rispondere delle loro azioni,
[…]
Esprimendo preoccupazione per la proliferazione delle armi in Libia e il suo potenziale impatto sulla pace e la sicurezza della regione, e esprimendo altresì la sua intenzione di tornare prontamente ad affrontare tale problema,
Reiterando il suo appello alle autorità libiche perché promuovano e proteggano i diritti umani e le libertà fondamentali, comprese quelle degli appartenenti a gruppi vulnerabili, adempiano ai loro obblighi in base al diritto internazionale, compreso il diritto internazionale umanitario e le norme sui diritti umani, ed esortando al rispetto per i diritti umani di tutte le persone in Libia, compresi gli ex-funzionari e i detenuti, durante e dopo il periodo transitorio,
[…]
Agendo in base al Capo VII della Carta delle Nazioni Unite,

1. Esprime apprezzamento per i positivi sviluppi in Libia, che miglioreranno le prospettive di un futuro democratico, pacifico e prospero per il paese;
2. Attende con favore il rapido insediamento di un Governo transitorio inclusivo e rappresentativo, e ribadisce l’esigenza che il periodo transitorio sia caratterizzato da un impegno per la democrazia, il buon governo, la supremazia della legge, la riconciliazione nazionale e il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali di tutti in Libia;
3. Esorta fortemente le autorità libiche ad astenersi da rappresaglie, comprese le detenzioni arbitrarie, si appella alle autorità libiche perché compiano tutti i passi necessari per prevenire rappresaglie, inique detenzioni ed esecuzioni extragiudiziali, e sottolinea la responsabilità delle autorità libiche per la protezione della popolazione, compresi i cittadini stranieri e i migranti africani;
4. Esorta tutti gli Stati Membri a collaborare strettamente con le autorità libiche nei loro sforzi per mettere fine all’impunità per le violazioni dei diritti umani internazionali e il diritto internazionale umanitario;
Protezione dei civili
5. Decide che le disposizioni dei paragrafi 4 e 5 della risoluzione 1973 (2011) cesseranno di aver effetto dalle 23.59 ora locale libica del 31 ottobre 2011;
No-Fly Zone
6. Decide altresì che le disposizioni dei paragrafi 6-12 della risoluzione 1973 (2011) cesseranno di aver effetto dalle 23.59 ora locale libica del 31 ottobre 2011;
7. Decide di restare attivamente investito della materia.”

N. B. Prego tutti di non copiare questo scritto e la traduzione senza la mia autorizzazione. Basta riportare il link.

Un aggiornamento (28.10.2011, ore 17.30).
Apprendiamo adesso che nelle stesse ore in cui il Consiglio di Sicurezza approvava la risoluzione che precede, Abdul Hafiz Ghoga, vicepresidente e portavoce ufficiale del CNT annunciava che “chiunque sia responsabile di questo [la morte di Gheddafi] sarà giudicato e avrà un equo processo”. Quale sia la vera finalità di questa iniziativa è evidente: evitare che sia il TPI a giudicare i colpevoli. Il che conferma che il deferimento c'è. C’è da aspettarsi, o da temere, che i colpevoli siano trattati in Libia più o meno come i responsabili della strage del Cermis furono trattati negli Stati Uniti.
Va tuttavia ribadito quanto già rilevato in un precedente post: le tre principali potenze belligeranti sono anch’esse direttamente responsabili della morte di Gheddafi, in particolare la mano americana che ha guidato il Predator a bombardare il suo convoglio. Per il diritto vigente, questo è un grave crimine di guerra. Ma il diritto vigente, naturalmente, non lo perseguirà. Ribadisco che, a mio parere, ciò non significa che il diritto vigente vada buttato a mare perché è solo una grande presa in giro. Significa che bisogna battersi per renderlo più equo e più efficace.
Vale la pena di aggiungere che, secondo Impact (vedi qui), “questa indagine sul presunto omicidio dell’ex-dittatore è il primo passo di un percorso che comprenderà anche una dettagliata investigazione sulle ancor più inquietanti circostanze dell’assassinio di Al Muatassim Al-Qathafi (figlio del dittatore), che sarebbe stato messo a morte quello stesso giorno da un commando affiliato alle brigate di Misurata, nonché sulle presunte uccisioni sommarie di più di trecento lealisti di Gheddafi nella città di Sirte”.
Sarebbe bene tenere d’occhio anche questo. Non so quale sia la fonte di questa notizia. Non certo Ghoga, che ieri dichiarava testualmente, in riferimento alla morte del colonnello: “Ci sono state alcune violazioni da parte di soggetti che vengono sfortunatamente definiti rivoluzionari. Sono sicuro che quello è stato un atto individuale e non un atto dei rivoluzionari o dell’esercito nazionale” (vedi qui).
Non è un buon inizio per quegli “sforzi per mettere fine all’impunità” di cui parla la risoluzione di ieri. Anzi, c’è il caso che Ghoga si sia dato la zappa sui piedi: perché una dichiarazione come questa dimostra di fatto che lo stato interessato non intende perseguire tutti gli altri crimini e configura dunque il secondo presupposto per l’iniziativa della Corte dell’Aia. Che ci sia qualche speranza di giustizia?

Un'ultima nota tecnica: quasi tutti gli organi di stampa, italiani e internazionali (compreso perfino Il Sole-24ore), affermano che questa risoluzione 2016, ha alleggerito il blocco sui fondi libici, rimosso l'embargo sulle armi e quant'altro. Non è vero. La risoluzione si limita a richiamare nel preambolo quanto già disposto in materia con la risoluzione 2009 del 26 settembre. Mi sembra di capire che si tratti di un'errore della Associated Press, poi ripreso da tutti gli altri.




3 commenti:

  1. Caro Alberto, onestamente non riesco a essere per nulla ottimista. La risoluzione arriva a giochi fatti mentre le evidenti violazioni erano iniziate già in primavera, menziona la patetica storia della protezione dei civili e la dà per risolta, non si esprime mai in modo diretto, dietro quelle esortazioni si può leggere per me proprio la volontà di lavarsene le mani, perché se l'ONU riconoscesse davvero che c'è un problema sul terreno in Libia la cessazione dell'operazione "in difesa dei civili e dei diritti umani" sarebbe, in quella logica, un'evidente contraddizione, e poi la cosa è proposta dalla Gran Bretagna che è responsabile fattuale e morale delle migliaia di morti provocate dall'intervento e dalle bande di picciotti al servizio dei nuovi Normanni, compreso il linciaggio di Mu'ammar Gheddafi. A me non pare altro che l'ennesima prova dell'ipocrisia del sistema di dominio euroamericano, un riflesso in chiave depotenziata, più raffinata e più adatta ai lettori del Guardian o dell'Independent delle "apologies" tanto care agli americani. Nessun ribelle verrà deferito a nessun tribunale internazionale, e comunque questa è una pietosa foglia di fico e nient'altro. "We came, we saw, he died, ahahahahaha": questa magnifico e stiloso riassunto fatto da una bionda signora sorridente mi pare ben più aderente alla realtà dei fatti e un chiaro monito su come verrà governato il futuro. Orwell sarà fiero di aver previsto tutto.

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  2. Da Danilo Zolo, da me interpellato per un parere, ricevo la seguente velocissima risposta:
    "Caro Alberto, sono sostanzialmente d'accordo con te. Buon lavoro, tuo Danilo".

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  3. Grazieeeeeeeeeeee!!!!!!
    Mi sono servite tantissimo per l'esame di diritto internazionale!!!!
    Non so come avrei fatto perché non conosco nè inglese nè francese!!!!!!!!!!
    Grazie ancora!!!
    Cordiali saluti
    Marianna

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