sabato 6 novembre 2010

Meglio fare silenzio che far danno?

Io non sono fra quelli che sostengono che la principale ragione per opporsi a Berlusconi sia la sua incapacità di governare. Se anche governasse benissimo, andrebbe malissimo lo stesso, per le altre ragioni che ho già detto. Per di più, non sono nemmeno così certo che le scelte del suo governo in materia di politica economica o di politica estera siano tanto tanto peggiori di quelle che avrebbe fatto il "centrosinistra". Ma questo è quanto sostiene a spada tratta il PD.
Dunque è sorprendente, e sintomo inquietante di incapacità comunicativa, che l'opposizione abbia praticamente ignorato una notiziola che Repubblica (complimenti!) relegava in tredicesima pagina lo scorso 29 ottobre.
E' la classifica dei centottanta paesi del mondo per crescita del PIL nell'ultimo decennio, dal 2000 al 2010. Sono dati del Fondo Monetario Internazionale elaborati dal quotidiano spagnolo El Paìs.
E' scontato che in questa classifica i paesi più ricchi risultino fra gli ultimi, poiché, per fortuna, in quest'ultimo decennio sono stati quelli che erano dieci o cento volte più poveri di noi a crescere di più. Infatti al primo posto (con un impressionante 387,45%) c'è la Guinea Equatoriale, la Cina è al sesto col 170,86%, l'Etiopia al decimo, l'India al ventesimo, e così via. Mentre gli Stati Uniti sono al numero 152, la Gran Bretagna al 157, la Francia al 162 e la Germania addirittura al centosettantaduesimo posto.
Non era scontato, però, che l'Italia si collocasse proprio ultima. Con una crescita del 2,43%, precediamo di un soffio solo Haiti, numero 180, che ha un incremento quasi identico al nostro (2,39 punti) nonostante il disastroso terremoto che ne fa un caso unico e non paragonabile.
Ma il dato ancora più sorprendente, che sembra del tutto sfuggito all'articolista di Repubblica, è il colossale distacco che ci separa dagli altri paesi in coda alla classifica. Il penultimo è il Portogallo, che ha una crescita decennale del 6,47%, pari al 266,2% della nostra. Punto esclamativo. Quella della "povera" Germania è il 357,2% della nostra, mentre la Spagna cresce quasi dieci volte più di noi e la Grecia quasi dodici.
E' inutile consolarsi ricordando che il PIL è una misura parecchio imprecisa non solo della felicità, ma anche del benessere strettamente economico. E' pur sempre una misura piuttosto precisa delle variazioni del reddito. E in questo caso quello che misura è un'autentica catastrofe nazionale.
Non voglio discutere qui quali siano precisamente le cause di questo macroscopico fallimento. L'argomento non è così semplice. Quello che è indiscutibile è che per sette di questi dieci anni, l'Italia ha goduto della guida illuminata di Silvio Berlusconi. E' difficile sostenere che l'uomo non abbia qualche responsabilità.
Non è un sintomo di incredibile afasia che l'opposizione si sia lasciata finora sfuggire un argomento così decisivo per mettere sotto accusa il suo avversario? Non sarebbe il caso di farne oggetto di una campagna instancabile e martellante almeno quanto quella su Noemi? Come si spiega un simile silenzio?
L'uomo del fare, le grandiose promesse di miracolo economico, il grande imprenditore sceso in campo per risanare il paese hanno prodotto questo risultato: una catastrofe unica al mondo. Sì, abbiamo l'uomo del fare: danno. E poi quelli del fare silenzio.

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