martedì 31 maggio 2011

Afghanistan: propaganda di guerra al TG1

Lunedì sera, mentre tutti i giusti d’Italia giubilavano per la rovinosa disfatta elettorale di Silvio Berlusconi, il TG1 trasmetteva, associato alla notizia dell’attacco contro gli italiani a Herat, un notevole esercizio di mala informazione, che ricorda davvero la propaganda di guerra di età mussoliniana.
Con tono pacatamente indignato, il cronista enumerava una serie di eventi delle ultime settimane, apparentemente una cronaca oggettiva di fatti realmente accaduti in Afghanistan. Ci ricordava così che “sabato scorso a Kabul, un kamikaze… uccide il generale Mohammad Daud, capo della polizia del nord-est”, non senza spiegare, con un invisibile ma percettibilissimo punto esclamativo, che lo aveva fatto “a tradimento”.
Poi aggiungeva: “Il 7 maggio, a Kandahar, un gruppo di Taleban si chiude in un centro commerciale e spara per ore, tentando l’assalto al palazzo del governatore.” Ma non basta: “Poche settimane prima, 400 guerriglieri evadono dalla prigione della città.” E a completare il quadro: “Poi ci sono le bombe e gli agguati: otto americani uccisi venerdì, sempre a Kandahar, due marines britannici nella provincia di Helmand.”
E’ un peccato che il cronista abbia completamente dimenticato di aggiungere un’altra serie di fatti recentissimi, che sono sulla bocca di tutti gli afghani.
Per esempio che il 17 maggio a Taloqan, capoluogo della provincia di Takhar nel nord-est, un commando Nato ha fatto irruzione nottetempo in una casa, uccidendo a sangue freddo quattro persone, fra cui due donne. A questa esecuzione senza processo, forse avvenuta per sbaglio, è seguita il giorno dopo una grossa manifestazione di protesta contro cui ha sparato la polizia afghana e, sembra, anche le forze tedesche. Uccidendo dodici persone.
Ha dimenticato anche di menzionare l’attacco aereo Nato di mercoledì 25 maggio nella provincia del Nuristan, distretto di Doab, nel quale sono morti una ventina di civili e una ventina di poliziotti afghani, scambiati per guerriglieri.
Così come ha trascurato di menzionare l’altro recentissimo attacco aereo Nato nella provincia di Helmand, distretto di Nawzad, che nella notte fra venerdì e sabato scorsi ha ucciso, secondo fonti del governo afghano, 12 bambini e due donne, sempre, naturalmente, per errore.
Evidentemente il cronista (si fa per dire) non era bene informato. Altrimenti non ci avrebbe fatto credere, per esempio, che l’attentato al generale Daud sia avvenuto a Kabul, mentre è avvenuto a Taloqan, capoluogo della provincia di Takhar nel nord-est, e precisamente negli uffici del governatore provinciale Abdul Jabar Taqwa, che è rimasto ferito insieme al generale tedesco Markus Kneip, comandante delle forze Nato per il nord dell’Afghanistan, con il quale era in corso un vertice operativo, in presenza del capo della polizia della provincia, rimasto ucciso anche lui nell’esplosione. Forse il cronista avrebbe sospettato che l’attentato avesse qualcosa a che fare con la strage del 18 maggio, dato che le vittime ne erano i diretti responsabili. Ma queste non sono cose da far presenti ai telespettatori.
Con un attacco di scrupolo giornalistico, tuttavia, il cronista conclude il servizio informandoci di un fatto increscioso. C’è una polemica fra Karzai e la Nato intorno agli ultimi eventi. Testualmente: “‘E’ una nuova strategia per vendicare Bin Laden’ dice il presidente Karzai. ‘Colpi di coda, perché sono alle strette’, sostengono invece i generali della Nato.” Questa sì che è una annotazione importante.
E’ secondario, invece, che domenica Karzai abbia rilasciato un comunicato ufficiale in cui si rileva che la Nato e gli Stati Uniti conducono continuamente “operazioni arbitrarie e innecessarie” causando vittime civili “ogni giorno”, che queste operazioni devono cessare, e che, dopo i tanti richiami precedenti, il presidente “in nome del popolo afghano manda il suo ultimo avvertimento alle truppe e agli ufficiali statunitensi in questo senso”. Anche queste non sono cose da far presenti ai telespettatori. Dopotutto, la protezione dei civili è la nostra specialità. E’ per questo che siamo in Libia, con gli altri specialisti del settore.
Ah, dimenticavo: per tutti questi fatti, la Nato ha chiesto scusa.

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