venerdì 14 febbraio 2014

Sochi, Letta, i diritti dei gay e quella stolta guerra sotterranea.



A titolo di addio ad Enrico Letta, pubblichiamo con qualche giorno di ritardo un commento sulla sua visita a Sochi per l’apertura delle Olimpiadi invernali.

Il boicottaggio soft delle olimpiadi di Sochi da parte degli Stati Uniti e dei loro seguaci non ha nulla di quel nobile atto di difesa dei diritti umani che vorrebbe sembrare.
La causa dei diritti dei gay merita certamente di essere difesa. Ma avvelenare le Olimpiadi, che dovrebbero essere la celebrazione della pace e della benevolenza fra le nazioni, in nome di una causa simile non è una grande manifestazione di saggezza.
Anzi, ha tutto l’aspetto di un atto di pura propaganda: diretto solo a tenere alto il clima di ostilità verso un paese contro il quale gli Stati Uniti stanno conducendo ormai da troppo tempo una pericolosissima guerra fredda che non è nell’interesse né dell’Europa, né del mondo intero.
Davanti alle minacce che questo conflitto sotterraneo e sordo può comportare per tutti noi, agitare come un vessillo la causa dei diritti gay non può che apparire pretestuoso. Soprattutto se si considera quanto siano ben più gravi le violazioni dei diritti umani compiute ancor oggi da chi agita quel vessillo. Basterebbe un solo esempio: le tantissime vittime innocenti dei droni che hanno imperversato per i cieli del Pakistan gridano ancora giustizia davanti al tribunale dell’umanità. Al confronto di quelle spietate condanne a morte decretate senza processo da un potere invisibile e insindacabile, il problema dei diritti dei gay russi non può che impallidire.
Quali fra i tanti che tanto si sono agitati per condannare la presenza a Sochi di Enrico Letta avrebbero il coraggio di boicottare delle Olimpiadi tenute in America? Difendiamo i diritti dei gay, certamente, condanniamo questo ed altri oltraggi alla libertà imputabili al governo russo, ma facciamolo nelle sedi opportune e facendo a meno di tapparci occhi e orecchie davanti ad altre violazioni anche più gravi commesse da chi pretende di ergersi a giudice di tutti i governi del mondo.
Non ha fatto male Enrico Letta ad andare a Sochi. Anche se la motivazione ufficiale che ha addotto è stata tutt’altro che pregevole. Si trattava di sostenere la candidatura dell’Italia per le Olimpiadi del 2024? Ebbene l’Italia non ha proprio nessun interesse a spendere una montagna di miliardi per ospitare le Olimpiadi in casa propria. Non ne ha i mezzi oggi e non li avrà nel 2024. Si preoccupi semmai, se c’è da spendere denaro pubblico, di alleviare i dolori dei tantissimi che vivono in miseria per l’austerity. E guardi quant’è costata alla Grecia la prova di vano orgoglio delle Olimpiadi del 2004.
Lasciamo perdere le fesserie. Letta sapeva benissimo che quel che era in gioco a Sochi non erano i diritti dei gay, non erano le Olimpiadi di Roma, ma quella stolta guerra sorda e sotterranea al cui mulino l’Italia si deve rifiutare di portare acqua e vento di odio e di paura.
Il grigio Enrico Letta ha fatto bene, una volta tanto. Forse potremo ricordare questo gesto come l’ultimo, debole e raro sprazzo di luce nel tramonto di un governo nato male e che male si avvia alla sua fine.


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